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Amazing tales from the world: Gianni Morandi & Eros Ramazzotti meet Michael Jackson

wackojacko.jpg

da “Diario di un ragazzo italiano” di Gianni Morandi:

Ci vennero a prelevare all’ingresso con una macchinona nera, scendemmo in mezzo ai teatri di posa e camminammo a lungo tra le diverse produzioni. Vedemmo lavorare Al Pacino che stava terminando le riprese di Carlito’s Way, mentre in un altro studio Madonna stava girando il suo ultimo videoclip. Distratti dai lustrini dello star system americano proseguivamo al centro del vialone, attesi dal numero uno. Io e il Ramazza entrammo in un capannone vuoto. Su un parete di cemento grigio era appeso un pannello con la scritta dello sponsor. Dopo una decina di minuti d’attesa, guardammo fuori da una piccola finestra e a un tratto lo vedemmo passare. ERa lui in carne e ossa, con un mantello blu elettrico. Si stava avvicinando, ma non entrò. Poco dopo, dalla direzione opposta, un altro Michael vestito completamente di rosso porpora veniva verso l’entrata. Capimmo che erano tutti sosia e io sospettai nuovamente che Mazzi e Pecchini ci avessero preso in giro. Invece, alcuni minuti dopo, da una scala interna scese un signore distinto vestito di nero. Ci diede la mano. “Buongiorno. Allora, fra un po’ arriverà. Lui si metterà esattamente qui e si metterà in mezzo a voi due…” e indicò precisamente un punto del pavimento. Noi piegammo lo sguardo in quella direzione. “Chi di voi due vuole mettersi alla sua destra?”. Io ed Eros ci guardammo. Non avevamo preso nessuna decisione in proposito… “Fate come volete”, proseguì lui, “comunque chi sarà alla destra nella foto pubblicata sui giornale apparirà a sinistra e sarà il primo a essere notato”. Questa osservazione ci aveva lasciato attoniti. “Bene, il fotografo e l’operatore staranno lì…”. E di nuovo ci voltammo all’unisono nella direzione indicata. “Lui resterà qui 3-4 minuti, non guardatelo in faccia, anche quando è lontano, e soprattutto non toccatelo, fate in modo di non sfiorarlo nemmeno con i vestiti. E’ tutto chiaro?” E certo che era tutto chiaro. L’uomo in abito scuro se ne andò. “Maccome nun se po’ guarda’… Ma che faccio? Je parlo guardando in tera?” si interrogò stupito Eros. “Ma sarà un modo di dire, dai,” cercai di rassicurarlo “lo sai che lui è un igienista, dorme sotto una tenda a ossigeno, gira sempre con i guanti, ha il cuoco pakistano che lo segue ovunque e gli fa il suo riso basmati…” Eros non era molto convinto.

Mentre scambiavamo sottovoce queste battute, la porta sopra la scala si aprì. Finalmente, preceduto da un corteo di sei-sette persone dall’espressione minacciosa e dagli ocche celati da lenti scure, comparve Michael Jackson. Appena intuii che era lui, misi le mani dietro la schiena e mi voltai, evitando di dare l’impressione che lo stessi aspettando e che avevo fatto più di 9000 chilometri per venire a conoscerlo in quel capannone. Anche Eros se nestava con lo sguardo perso in alto, rivolto a un punto del soffitto. In mezzo al corteo, con la coda dell’occhio nota un individuo con tanto di tunica, turbante e barba bianca lunghissima. Pensammo che fosse il suo guru, una specie di santone. “Avvertimmo” che Michael si era posizionato tra noi e casualmente ero capitato io alla sua destra. I flash cominciarono a scattare e la luce rossa della spia della telecamera si accese. Mi ero preparato un discorso in inglese e cominciai a farfugliare, sempre attento a guardare davanti a me: “Hello Michael… ehm… nice to meet you… we’re really happy to be there with you…”. “Thank you, I love you” interruppe lui con una vocina che pareva quella di una bambina. Mentre gli parlavo ero tentato di girarmi anche solo leggermente verso di lui, ma non potevo. Dovevo anche stare attento a non toccarlo con i vestiti: “For us could be a big opportunity… We would like play a football game in Italy… to make money for childs…”. “Thank you, I love you…”. Allora intervenne il suo cerimoniere: “Forza, ora dategli il pallone, chi di voi è il calciatore?”. Con uno sguardo interrogativo e terrorizzato dalla possibilità di commettere errori, ci guardammo da dietro la schiena di Michael per non rischiare di incrociare il suo sguardo. Eros allora prese il pallone e glielo porse, mentre l’altro esclamava: “Michael, take the ball…”. Michael, attento a non contaminarsi con le ditaccia dell’italiano, prese la palla: “Thank you, I love you…”. Il fotografo continuò a scattare e il cameraman a riprendere Michael sorridente con il pallone in mano e perfettamente sistemato tra noi due impalati come statue. Improvvisamente Eros abbandonò il suo sguardo assente, rinunciò al suo fintissimo aplomb e abbracciò con vigore la leggenda della disco: “‘A Michael, ma lassate abbraccià…!”. In quel momento tutto si ruppe, il cerimoniere mise immediatamente al sicuro il suo protetto e tutti sparirono rapidamente da dov’erano venuti. “La cassetta, the tape…” urlai io. “Give us the film…”. Se n’erano andati con la cassetta che conteneva la testimonianza della nostra grande amicizia con Michael, il quale aveva ripetuto più volte che ci amava… “We will send everything in Italy…” Chiudendo la porta, qualcuno aveva urlato che ci avrebbero spedito tutto in Italia.

Eravamo rimasti appena quattro minuti con Michael, e io ed Eros ci trovammo immobili e increduli come due stoccafissi. Ci stavamo interrogando sul da farsi, speravamo che Michael si ricredesse e volesse risalutarci… Era mai possibile tutto quel trambusto per un segno di sincero affetto da parte di un fan?
Improvvisamente, fummo attirati verso la scala da un rumore. La porta si aprì e lentamente comparve il “guru”, quello con il turbante e la barba bianca. Io pensai che la voce della coscienza avesse convinto Michael a darci un’altra opportunità, magari meno formale. Quando il messaggero ci fu di fronte, si guardò intorno e disse sottovoce: “Ahò ragazzi, io so’ de Roma, Maicol se crede che so’ pakistano… je faccio da magna’ riso e me dà ‘n sacco de sordi…”. Detto questo sparì, e quella fu una delle più grandi occasioni di risata mai avute.

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Animali che si uccidono

la serie di documentari più stupida mai realizzata è sicuramente quella di animal face-off, ovvero ipotetici combattimenti realizzati in 3d tra animali che di solito non si cagano. la cosa buffa è appunto questa: si tratta di animali che nella realtà difficilmente si attaccano, quindi, nonostante le presunte intenzioni scientifiche, ogni puntata si trasforma in una perla di raro surrealismo lollesco. alcuni esempi di combattimenti: leone contro tigre, elefante contro rinoceronte, coccodrillo contro squalo bianco, e il vero capolavoro: ippopotamo contro squalo toro (giuro). non godevo tanto dai tempi di octopus eats shark. il mio preferito però è l’epico scontro tra il tricheco e l’orso polare, dovre tra l’altro sembra che l’orso polare all’inizio si voglia chiavare il tricheco che non la prende bene e lo uccide. assenti dalla serie purtroppo i bastardissimi delfini, ben noti assassini di indifesi volatili.

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Yogurt

demeo.jpg

pier scrive:
portami un bicchier d’acqua

mp scrive:
col cazzo
vattelo a prendere

pier scrive:
grazie

mp scrive:
cmq il tizio sembra uscito da un film dei vanzina anni 80

http://gabbos.wordpress.com/2007/06/16/idoli-di-oggi/

pier scrive:
e guadagna 30 volte piu’ di me e ha fregato il posto al mitico Lapo

pier scrive:
satana in persona

pier scrive:
rivoglio lapo

pier scrive:
si puo’ essere estromessi dalla societa’ di famiglia per un festino???

pier scrive:
non c’e’ piu’ etica

mp scrive:
http://www.italianawards.com/images/executives/de_meo.jpg
guardalo qua

mp scrive:
ahah

mp scrive:
è satana

mp scrive:
no veramente, aridatece lapo

pier scrive:
ora vedo

pier scrive:
la madonna

pier scrive:
non mi dicano che questo non va a trans…

mp scrive:
a parte che c’ha scritto COCAINA in faccia

mp scrive:
tipo marchio

mp scrive:
anzi tipo brand
ahah

mp scrive:
cmq sono fondamentali le occhiaie

mp scrive:
fanno capire che dormi 4 ore al giorno perchè devi fare soldi

mp scrive:
tu hai le occhiaie?

pier scrive:
si

pier scrive:
ma per le seghe

mp scrive:
vabbè l’importante è che ci siano

pier scrive:
ai colloqui sembra che lavori tanto

pier scrive:
e la tendinite alla mano destra

pier scrive:
la giustifichi con mouse

pier scrive:
raramente indagano

mp scrive:
e le macchie di sperma secco sui pantaloni come le giustifichi?

pier scrive:
yogurt

mp scrive:
genio.

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Recensione del nuovo album di Vitalic, “V-live”

me: sì
no ma cmq questo album è sburroso
sto cercando di resistere
mi viene voglia di saltare in piedi e ballare
Simone: eee
me: e prendere l’ecstasy e andare a ibiza
Simone: eeeee
me: con la maglietta D&G
e gli occhiali grossi
Simone: cazzo si
me: sono tutti mixati tra loro i pezzi
fantastico
Simone: notare che la gente appena sente 3 note che non riconosce smette di acclamare
me: sì
più avanti fanno i cori ahah
me: con my friend dario
Simone: che meraviglia. tutti zitti i bastardi fortunati
me: hai già mollato il lavoro e indossato la maglietta D&G e gli occhiali grossi?
Simone: nn ti sento
scrivi + forte|!!!
me: AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH
Simone: tieni 0 <————-
me: ?
Simone: è una pasta, okkio che è forte
me: ahah OLèèèè COSì SI bAiLa tUtTa la NOCHE
Simone: haha
1122!!!”11!!
me: VOGLIO UNA PEUGEOT 206 MODIFICATA CON UN MEGA SUBWOOFER
Simone: la avrai.
tra l’altro, ti avevo mandato una canzone di un tale “basshunter”
non so se ti è arrivata tra i consigli di last.fm
me: sentita a suo tempo, pura radio sintony
apprezzai.
Simone: ecco, in quella canzone c’è il celebre verso
quando inizia a pompare “ready to take off”
pppprrronti a decollaaareeeee!!!!
me: PORCO DIOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO
DOPO CI SCHIANTIAMO IN MACCHINA
Simone: più o meno
“pronti a decollare” hahah
Simone: The 30000 Feet Club questa è da sturbo
me: sì su quella stavo per uccidere mia madre per poi ballare sopra ai suoi resti
Simone: che poi si ferma
e poi ricomincia
ke storia
me: il passaggio da LA Rock e quella dopo è da PORCO DIO IMMEDIATO
Simone: madonna che serata dev’essere stata
c’è lagente sotto che ormai getta urla immotivate
me: tipo AHHHHHHHH EHHH OHH OHH!!!11!!!

voto album: 978mila km^2.

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L’attaccante

Io di lavoro attacco francobolli. Non scherzo. Ne attacco mille al giorno, di tutti i tipi. Io lo so cosa vi state chiedendo. Vi state chiedendo dov’è che li attacco mille francobolli al giorno. Li attacco sulle cartoline. Io sto qui in una stanzetta piena piena di cartoline, una sopra l’altra. C’è uno che ogni giorno mi porta cartoline e francobolli da attaccare e ritira le cartoline del giorno prima. Non le controllo, non spetta a lui. Lui le ritira solo. Non mi ricordo come si chiama, io lo chiamo il ritiratore. Ma non so se si chiama così e non mi interessa saperlo. Io penso solo ai francobolli. Devo stare molto attento. Perché certe cartoline le comprano i collezionisti, gente che ci tiene. Vogliono cartoline perfette. Francobolli attaccati perfettamente. No sbavature. No dentini rotti. Io ci sto molto attento. Mi metto al centro della mia stanzetta piena piena di cartoline, seduto su una sedia che ha un piede rotto e quindi balla tutto il tempo, ma ormai ci ho fatto l’abitudine. Bagno i francobolli in una spugnetta. Il ritiratore mi porta ogni giorno l’acqua per la spugnetta. Li poggio sopra alla cartolina stando attento a metterli dritti. Perfetti. Prima usavo un righello, ora che ho esperienza faccio tutto a occhio. Premo leggermente con i polpastrelli. Devo stare attento a non rompere i dentini. E niente sbavature. Altrimenti ai collezionisti non va bene. Anche se so che di quelle cartoline solo poche decine vanno a finire ai collezionisti, la maggioranza le comprano persone che non noteranno mai il mio lavoro. Non mi interessa. Io ne attacco di tutti i tipi. Oggi cinquecentocinquanta del Vaticano. Cento dei cavalli. Duecentotrenta della regina Elena. Con lei sto attento, premo poco, per non farle male. Duecentottanta del carnevale. Quattrocento delle ferrovie. Trecento di una torta. Quelli invece di usare la spugnetta li ho attaccati con la saliva. Eh eh eh eh. No. No. No. Devo stare attento. Ottocento. Novecento. Mille al giorno, oggi anche di più. Perfetti.. Mi pagano quattro centesimi a cartolina. Mille al giorno, quaranta euro. Ma solo se sono tutti perfetti. No sbavature. No dentini rotti. Non è un lavoro molto faticoso. Me ne sto qui, nella mia stanzetta, ad attaccare francobolli. E se avanza l’acqua della spugnetta posso anche bere.

(2003)