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Le nutrie

A caccia di nutrie. Per arrivare al punto giusto bisogna prendere una di quelle stradine che circondano gli stagni, quelle composte da tante buche che, se solo ce ne fosse qualcuna in più, la strada sarebbe perfettamente piana. Ma grazie a dio la fiat le sospensioni le fa bene, checché se ne dica. L’erba è molto alta e in certi punti la strada sembra sbarrata, ma basta accelerare per passarci attraverso, anche se io abbasso d’istinto la testa, come se non ci fosse il parabrezza i rami e l’erba potessero colpirmi. Poi si lascia la macchina e si cammina per mezz’ora fino ad arrivare a un fittissimo, alto e apparentemente impenetrabile canneto. In realtà è stato fatto un passaggio, non so da chi, forse pescatori di frodo, ma qualcuno si è preso la briga di tagliare migliaia di canne e per 10 minuti si cammina in uno stretto tunnel dove è praticamente buio, non c’è aria, se si alza lo sguardo verso il cielo si vedono solo canne e se ci si ferma per un attimo si è circondati da miliardi di zanzare che però non pungono e si limitano a dare fastidio e a ricordare il loro ruolo in questo pianeta.

Ogni tanto lungo il tunnel c’è qualche segnale, stracci rossi legati a una canna, o il collo di una bottiglia di birra infilato in un ramo: sono i segnali dei pescatori di frodo che indicano i punti dove è possibile entrare in acqua. Come sempre do alla camminata un senso simbolico, anche dove è veramente difficile trovare un senso, anzi soprattutto dove è difficile trovare un senso. Prima del canneto si trovava qualche durex, poi diminuiscono e oltre il canneto ovviamente spariscono, perché nessuno attraverserebbe un postaccio del genere per accoppiarsi, a parte le nutrie.

Dopotutto è quello che cerco sempre: un posto dove nessuno si è mai accoppiato e non l’ha mai nemmeno pensato. Io qui voglio stare.

STARE (Latino = stare) deriva dal termine sanscrito = “STHĀ” che significa: stare fermo, stare, rimanere, esistere, essere presente, mentre come aggettivo indica: che sta, che sta fermo, situato. STHĀ dà origine al sostantivo ĀSTHĀNA che significa: posto, base, terra e al termine STHĀNA che designa: l’atto di stare fermo , posizione, condizione, grado, luogo, regione. Da STHĀNA derivano i toponimi quali : AfghaniSTAN, cioè il luogo o la regione dove “STANNO” gli Afghani e UzbekiSTAN, KazakiSTAN, TukmeniSTAN, etc., cioè le regioni abitate dagli uzbeki, kazaki, turkmeni, etc.

Alla fine del tunnel si arriva nel punto in cui il canale converge con un fiume e lo stagno. Al centro c’è un’isoletta. Ed è lì vanno a mangiare le nutrie. Sono animali crepuscolari, quindi escono soprattutto al tramonto, ma non ho capito dove stanno e cosa fanno il resto del giorno.

Qui tutti hanno un’opinione sulle nutrie. Il 90% pensa che siano da uccidere, anche se ci sono diversità di opinioni su chi deve ucciderle e come. Sembra che varie categorie facciano a gara per farle fuori. I cacciatori vogliono ucciderle. I contadini vogliono ucciderle. Anche i pescatori vogliono ucciderle. Solo i veterinari dell’asl, che dovrebbero ucciderle, non vogliono ucciderle. Anzi, mi spiegano che nemmeno le hanno mai viste. In teoria dovrebbero mettere delle trappole, poi andare a prenderle, portarle via e sopprimerle lontano da qui.

Attenzione alle parole: se vengono uccise qui, vengono appunto uccise; se viene fatto lontano da qui, vengono soppresse. E dopo – mi spiegano – vanno incenerite, immagino per questioni igieniche, ma volendo si può dare anche a questo un significato simbolico. In realtà una soluzione più sensata sarebbe mangiarle: pare non siano male e ricordino il coniglio, ma ancora una volta il problema è quella coda da ratto che ci mette dei blocchi mentali. Se non è buono da pensare non è buono da mangiare.

Ogni nutria uccisa così costa centinaia di euro allo stato, quello stato che io proprio non riesco a scrivere con la esse maiuscola, comunque avete capito quale. Questo è uno degli argomenti più forti dei cacciatori: così costa troppo alla società, fatelo fare a noi, lo facciamo gratis. Però non si capisce dove poi metterebbero i cadaveri. Questo è un problema che i cacciatori non si pongono mai. A marcire da qualche parte, è la risposta più semplice. Penso a quando gli archeologi del futuro verranno qui, in mezzo al nulla, e troveranno cumuli di enormi denti gialli di nutria, e ogni tanto qualche durex, e si chiederanno che cazzo facessero i popoli barbari del passato, soprattutto perchè a pochi passi, tra le canne, c’è anche un frigorifero che solo dio sa com’è arrivato fin qui, e soprattutto quale sia il nesso.

Il fatto che io non abbia un’opinione sulle nutrie sorprende i miei interlocutori. Io non so cosa pensarne, quindi cercano di convincermi. Le argomentazioni di chi le vuole sterminare sono le più forti, soprattutto perché il restante 10% che non le vuole sterminare, non ha vere e proprie argomentazioni. Non sanno perché non le vogliono uccidere. La questione è complessa, concludono, che è sempre un bel modo di concludere. Mentre chi non vede l’ora di ucciderle te ne parlerebbe per ore: esultano addirittura quando sui giornali esce qualche notizia sul “controllo delle nutrie”, un’entusiasmo inspiegabile che forse andrebbe studiato.

Il posto, secondo i criteri di valutazioni più diffusi, è abbastanza scomodo: bisogna sedersi tra le canne piegate o tagliate – meglio le prime perché le secondo sono appuntite e ogni 20 secondi danno l’impressione che un insetto vi stia pungendo – e a proposito di insetti: ce ne sono migliaia, di ogni tipo, ma come sempre quando ce ne sono migliaia di ogni tipo, dopo un po’ non si fa più caso. Un ragno su una mano, una formica sull’altra, dietro qualche canna si muove, forse un serpente che passa, e ovviamente nuvole di zanzare. Dopo un po’ mi sento più a mio agio che a casa mia.

E’ sempre così: dopo l’iniziale difficoltà di adattamento, mi scopro totalmente a mio agio tra larve, carcasse di animali morti e contenitori di plastica galleggianti nella melma. Sdraiati sull’erbetta verde davanti a un torrente o un ruscello dove l’acqua pulita scorre allegramente, con alberi,  cielo azzurro, nuvole e colline o montagne all’orizzonte, è facile lasciarsi andare a pensieri sulla vita, il senso dell’esistenza, l’amore e perfino dio, un po’ come capita quando si fa la doccia. Ma qui, davanti all’acqua stagnante, il putridume, le zanzare, animali che in continuazione si uccidono tra loro, decomposizione, rifiuti galleggianti, i pensieri sono di tutt’altra natura. La morte, la dichiarazione dei redditi…

Dopo un po’ si sente il suono di qualcosa che si tuffa in acqua. Inizio a guardarmi intorno ma a parte i tantissimi uccelli non si vede niente. Poi appaiono le prime nutrie. Fanno schifo. Le ho viste tante volte nelle città ma sempre di sfuggita. In sostanza sono dei grossi ratti d’acqua. Subito mi viene detto che fanno schifo solo per quella grossa coda che ricorda i ratti, ma in realtà sono come dei castori. Il punto è che anche i castori secondo me sono dei grossi ratti d’acqua e fanno schifo. Dopo un quarto d’ora credo di aver capito tutto sulle nutrie: mangiano, si tuffano in acqua, poi riemergono e mangiano ancora e a volte si grattano mentre continuano a mangiare. Non fanno altro, a quanto pare. Mi viene detto che a volte hanno aggredito l’uomo, ma lo fanno quando hanno i piccoli. O almeno così si dice. Mi viene detto anche che le nutrie sono nella lista dei 100 specie invasive più dannose al mondo. Tornato a casa cerco su Wikipedia e intanto scopro che questa classifica esiste davvero, e poi che sì, le nutrie ci sono. Scopro anche che sono caratterizzate dalla seguente formula dentaria:

I\frac 1 1 C\frac 0 0Pm\frac 1 1 M\frac 3 3 \times 2 \,=\ 20

E’ una classifica interessante. Ci sono anche le capre, i gatti e le lumache. Praticamente tutti i miei animali preferiti. La storia di come le nutrie si siano diffuse da noi nei fiumi e nei canali, anche in città, è molto interessante. Il concetto di molto varia a seconda di quanto tempo siate seduti in una posizione scomoda tra le canne e le zanzare. Io ci sono stato abbastanza da trovare la storia della diffusione delle nutrie interessantissima. Riassumendo: servivano le per le pellicce, ora non servono più e quindi sono un problema.

Accovacciato così, con uomini grossi e virili, tra il caldo insopportabile, le canne e le zanzare, mi sento come un soldato in un film sulla guerra del Vietnam. Però qui non si può fumare, dato che potrebbe prendere fuoco tutto e allora non sarebbe così divertente come il Vietnam, o forse sì. Mi chiedono ancora una volta cosa ne penso delle nutrie, nonostante mi sia già stato chiesto venti volte e abbia risposto sempre non lo so. Forse è giunto il momento di improvvisare un’opinione. Penso che io in realtà tifo per le nutrie, come tifo per qualsiasi che destabilizzi il finto equilibrio. Sogno che le nutrie prendano il sopravvento e invece di rubare negli orti, scavare gallerie e aggredire cani, inizino a entrare nelle case, trascinare via i neonati dalle culle e mangiarli vivi nel canneto. Nutrie che marciano nelle autostrade, conquistando prima le periferie e poi i centri delle città. Quindi dico: sicuramente è un problema, vanno controllate, però la questione è complessa. E’ la risposta più semplice, viene tollerata anche se non compresa, dato che tutto ciò che non è entusiasmo per la morte non viene facilmente digerito. Rivaluto l’ipotesi delle nutrie che rapiscono i neonati, anche lì c’è l’entusiasmo per la morte, ma decido – per ora – di tenermela per me.

Alla fine le nutrie le guardiamo e basta. E’ quel genere di animali che non si capisce dove si trovi bene. Sulla terra sembra che non vedano l’ora di andare in acqua, poi in acqua nuotano in modo ridicolo, tenendo la testa e a volte la coda fuori, come se l’acqua gli facesse schifo, e allora tornano sulla terra. Si grattano, mangiano erba, si guardano intorno, con questi grossi denti gialli del tutto fuori luogo. Mi sento come le nutrie? No, per carità. Mi sento come le larve che galleggiano sulle zattere di fango nelle pozzanghere. Uno mi dice che quelle che vediamo sono piccole, anche se a me sembrano le più grandi che abbia mai visto, e si favoleggia di nutrie grandi il doppio. Classiche leggende da cacciatori o pescatori. Di qualsiasi animale, c’è qualcuno che l’ha visto grande il doppio o il triplo. “Di solito escono da quel buco” mi dice uno. Lo fissiamo per mezz’ora ma non esce niente. Torniamo nel tunnel.

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