credo che in pakistan ormai girino barzellette su di me.
Angurie accoltellate
che città invivibile. cioè: che invivibile, la città. sudo in posti mai immaginati. scrivo lettere che non spedisco a persone a due metri da me. e uno poi dovrebbe anche restare sobrio. per via della disidratazione e tutto quanto. e poi la solitudine. che non è quella dello stagno, dove sto solo e non me ne accorgo. qui non lo sono e mi pesa il doppio. e sudo. e dovrei anche restare sobrio. il montaggio è più faticoso delle riprese: non l’avrei mai detto. la creazione è più faticosa della distruzione, questo è evidente, anche se non sono sicuro di cosa sia creazione e cosa distruzione. a proposito di ciò: nell’isola qualcuno ha fatto a pezzi con un coltello 8mila angurie. una vendetta, un gesto artistico, o un messaggio che forse solo un giorno capiremo? io forse ho iniziato a capirlo. e sudo. e dovrei pure restare sobrio. e quanto mi rompo i coglioni.
Sì, lo so, ho cancellato dei post
più per salvaguardare voi che per salvaguardare me.
B. parte e immediatamente mi sento solo. io, che vivo solo e riesco a non parlare con nessuno anche per 5 giorni di seguito – manco per telefono, anzi sopratutto. dev’essere l’effetto della città. questa massa di gente interconnessa, vedo le migliaia di relazioni come cavi luminosi che attraversano le vie, si incrociano, a volte si spezzano ma subito vengono sostituiti. vago così, forse sembro un turista, penso all’anomia secondo durkheim e mi trovo in uno di quei frequenti momenti in cui ho voglia di parlare con uno sconosciuto. e quindi incontro lei: silvia. come prima domanda mi chiede se ho a cuore la salvezza dei bambini di tutto il mondo. ci rifletto un attimo, perché non è una domanda semplice. i bambini. dunque. tutti i bambini di tutto il mondo? io che proporrei di portare l’età dell’aborto fino ai 4/5 anni? dico sì, ce l’ho a cuore. “evvai! allora la pensi come noi”. dunque mi dice “ti posso dire che lavoro fai?”. io rispondo “cioè me lo vuoi dire tu o me lo vuoi chiedere?”, perchè da come la pone lei sembra una cosa da zingara, tipo se indovino che lavoro fai mi dai 20 euro. lei sorride e dice “no no, io chiedo a te che lavoro fa e tu me lo dici”. “va bene, chiedimelo”. “che lavoro fai?”. noto dal tono che l’ho già innervosita, e me ne dispiace, perchè volevo essere simpatico. invento un lavoro e lei dice “figo!”. poi c’è una parte di discorso intitolata “ora ti spiego cosa facciamo noi di save the children” che dura 5 minuti e non ascolto. nel frattempo, non ho idea del perché, mi viene in mente che uno studio su femmine di topo gravide ha dimostrato che la luce arriva al feto, dove attiva una proteina necessaria per la vascolarizzazione della retina. penso di informare della cosa la mi amica silvia, ma mi sta ancora spiegando cosa fanno per salvare i bambini e dubito sia interessata all’esposizione della luce in gravidanza, anche se pur sempre di bambini di tratta, anche se bambini di topo. poi mi mostra una cartina del mondo dove sono segnati i continenti più poveri. ognuno ha un colore, tipo l’asia è gialla (scelta discutibile) e l’africa verde. mi chiede di scegliere il continente che vorrei aiutare. “mmm, non so. l’africa? sono quelli più sfigati, no?”. su “sfigati” lei accenna un mezzo sorriso imbarazzato, ma corregge la mia affermazione in “sicuramente è il continente dove i bambini hanno maggiormente bisogno d’aiuto. complimenti per la tua scelta!”. e poi arriva la parte triste, perché io continuerei a parlare con lei per mezz’ora, invece ora tira fuori il temutissimo modulo, mi spiega come si fa per sganciare i soldi ecc. ma in questi casi ho una rodatissima risposta standard: “guarderò il sito, firmare ora sarebbe un gesto impulsivo. e sai com’è, quando si tratta di soldi è meglio riflettere.” nessuno può obiettare a una frase così, anche perché la dico con un tono molto saggio e convincente. ci stringiamo la mano e la sua pelle è uguale a quella della mia dottoressa.
No direction home
lui tunisino con gli occhi storti, io in teoria italiano e in teoria con gli occhi dritti. spacciatore, “per mangiare e dormire”, mi spiega. “ma veramente non ti ricordi dov’è casa tua?” “ehm no, mi sono perso” gli spiego. lottiamo per un po’ con il distributore delle sigarette, poi capiamo che non prende i 5 euro nuovi e fermiamo due ragazze che scappano via. riproviamo con un ragazzo che con la solita eccessiva e fuori luogo gentilezza emiliana ci dà 5 euro vecchi. prendiamo le sigarette e il mio amico tunisino mi accompagna verso casa, anche se nessuno dei due sa dov’è. gli dico che gli offro una birra, il bar però ha chiuso il conto, dicono che me la danno solo se ho i soldi giusti, ma io ho 50 euro interi, allora gli dico “ok, datemi 10 becks”, faccio ridere i camerieri e mi dicono “vabbè dai, aspetta” e mi danno due becks senza scontrino. con il tunisino camminiamo per un po’, lui in bici, io con le ali, mi chiede come sono le prigioni in sardegna, gli dico che non ci sono mai stato ma “credo che facciano schifo ovunque”. “no no no” mi dice serissimo “in certe regioni belle, in certe regioni brutte”. ah ok. ci separiamo e mi promette “se vieni domani [posto che non capisco] ti do fumo gratis, te lo giuro amico. perchè tu sei fuori anche senza fumo, sei simpatico”. gli dico ok, anche se il fumo, gli ripeto per la ventesima volta, non lo voglio. pacca sulla spalla. giro ancora per un po’ con la becks in mano, incrocio una coppietta e mi sforzo di ruttare in loro corrispondenza peer gusto punk, ma non ci riesco. mi viene poco dopo. alla fine trovo la casa ed eccomi qua. buon natale.
Nuotando nel cemento
ho sempre avuto questa fantasia di tuffarmi dentro i muri e muovermi negli edifici, da una stanza all’altra, nuotando nel cemento, freddo e accogliente. a scuola, soprattutto alle elementari, era una cosa che pensavo in continuazione: mentre la maestra parlava mi immaginavo prendere la rincorsa, lanciarmi contro il muro e nuotare nel cemento. andare nelle altre classi, apparire di qua e di là senza che gli altri se ne accorgessero – la mia faccia che spunta tra un disegno e l’altro appesi alla parete – e poi ascoltare le altre lezioni, spiare nei bagni delle femmine e infine andare fuori, nel giardino. perché l’obiettivo era ed è sempre stato quello: scappare via. non attraverso la porta, non attraverso le finestra, ma passando dal muro.
La valigia vuota
comunque c’è una grave frattura tra me e il mondo reale*. poco fa, siccome sentivo della musica forte provenire dalla piazza vicino a casa mia (denominata “piazza dello stagno” in quanto antistante allo stagno) mi sono avvicinato per curiosare – e già qui si capisce che la storia finisce in tragedia – e ho scoperto che era e tuttora è in corso un festival di hip-hop-breakdance-skaters-writing-ecc ecc. ovvero centinaia di giovani tutti uguali, depilati, inutilmente muscolosi, con tatuaggi orrendi, visi a metà tra l’ingenuo e il crudele, pronti ai peggiori peccati del mondo senza nemmeno accorgersi di commetterli, mediocrità, puzza di patatine fritte, nemmeno vuoto assoluto ma peggio: vuoto riempito di toraci depilati e puzza di patatine fritte; mi sono sentito come improvvisamente paracadutato nel deserto delle sabbie mobili, e senza dubbio avrei preferito essere retrostante e non antistante allo stagno. sono quei momenti probabilmente ben descritti da qualche vocabolo tibetano che ignoro, qualcosa a metà tra l’illuminazione e il suo contrario, pericolosamente vicini a una zona grigia oltre la realtà (metaforicamente viene abbastanza facile, dopotutto l’ho già fatto qualche mese fa, paragonare il tutto allo stagno, la Zona).
forse spaventato da queste sensazioni, ho messo in moto il cervello e in quel momento ho riflettuto su alcune cose che apparentemente non c’entrano niente:
– Houria Ivanan è stata la più grande cantante degli anni 80.
– nella pizza nessuno mette più l’origano, non so perchè.
– per i soldi, per i soldi, per i soldi. facciamo tutto per i soldi. e il bello è che quando non facciamo qualcosa, pensiamo: facciamo qualcosa per i soldi.
– poche regole, una: non prendere mai la pizza che ha il nome della pizzeria, fa sempre cagare, a meno che la pizzeria non si chiami “margherita”.
– la cosa terribile è che più vai avanti e più tua sorella ti viene dietro: va avanti anche lei.
la solitudine vera è trovare qualcosa che fa ridere e non sapere a chi dirla.
quindi la scrivi. inventi un dialogo dove qualcuno dice questa cosa e fa ridere.
che è davvero la cosa più patetica in assoluto.
crei un mondo che funziona, ma tu non ci sei, perchè scrivi sempre in terza persona.
un dialogo che nessuno leggerà o, peggio, leggerà qualcuno che non conosci, e la sua risata echeggerà a milioni di anni luce.
La forfora, James Joyce (inedito)
Guardò assonnato i fiocchi, argentei e scuri, che cadevano obliquamente sulla sua giacca. Era venuto il momento di mettersi in viaggio verso occidente. Sì, i giornali avevano ragione: c’era forfora in tutta l’Irlanda. Cadeva dovunque sulla scura pianura centrale, sulle colline senza alberi, cadeva dolcemente sulla palude di Allen e, più a occidente, cadeva dolcemente nelle scure onde ribelli dello Shannon. Cadeva anche dovunque nel cimitero isolato sulla collina dove Michael Furey era sepolto. Si posava in grossi mucchi sulle croci storte e sulle lapidi, sulle lance del cancelletto, sugli sterili spini. La sua anima si abbandonò lentamente mentre udiva la forfora cadere lieve nell’universo e lieve cadere, come la discesa della loro ultima fine, su tutti i vivi e i morti.
C’è da spostare un bombo
piccoli drammi
Obsolescenza programmata
Il più grande complotto mondiale basato sull’obsolescenza programmata è quello dei fiori. Possibile che nessuno se ne accorga? Le lobby dei fiorai ci campano da secoli. Per chi si fosse perso qualche video su Youtube: obsolescenza programmata vuol dire che un prodotto è pensato per avere una durata limitata in modo che, dopo un periodo prefissato, diventi inservibile e debba essere sostituito da un altro prodotto. I fiorai sfruttano tre grandi cardini del commercio: l’amore (i fiori per gli innamorati), la malattia (i fiori in ospedale) e la morte (fiori in cimitero). In questo modo tengono in scacco il mondo intero. Il business dei fiori finti non ha mai decollato veramente, questo anche perché i governi di tutto il mondo sono sostenuti dalle lobby dei fiorai. E nessuno ne parla.
La ragnatela
è una forma di linguaggio utilizzata in una zona meridionale del messico quando ci si vede ma non ci si può avvicinare tanto da parlare. allora si fischia. qui si trova la conversazione in wav e mp3 e la trascrizione. come si precisa nella pagina, a un certo punto suona un cellulare “ma non è stato trascritto”.
Ogni giorno centinaia di milioni di persone si masturbano sui siti porno. Secondo le previsione della FAO a partire dal 2020 le risorse del pianeta non basteranno a soddisfare il fabbisogno quotidiano di porno di tutta la popolazione. Gli analisti della FAO sono convinti che la soluzione sia il porno con insetti. In futuro ci dovremo adattare a masturbarci guardando accoppiamenti tra cavallette. Detto così può sembrare strano, ma è già la norma in diverse culture.
Bellissima, mi ha ricordato il post sui testimonial.