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Scopare il vento

Secondo me una delle cose più belle che si possono vedere a occhi aperti è quando gli uccelli fanno il cosiddetto “spirito santo” cioè quella posizione tipica dei rapaci in cui restano quasi immobili nell’aria anche per diversi minuti. Trovo molto bello anche il nome che si è dato al comportamento in italiano, mentre ho scoperto che in sardo si dice “coddabentu”, che sarebbe “scopavento/fottivento”. Il riferimento è all’idea che in quel momento l’uccello (con l’ovvia ambiguità del termine) si starebbe “scopando il vento”, che forse è meno bello e un po’ volgare, ma in fondo altrettanto poetico. Che poi ci sono due modi di fare lo spirito santo, con vento e senza vento, come spiegato qui http://www.ebnitalia.it/QB/QB007/terminologia.htm Dunque è possibile scopare il vento anche senza vento, ma si fa più fatica.

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Nuovi audiovisivi

Il Comitato Disperazione è prolifico sempre ma in particolare in agosto. Ecco altri due video nani tratti da storie vere:

l’esenzione https://www.youtube.com/watch?v=ySpAIE827Rc

l’ultima consegna https://www.youtube.com/watch?v=s2dnkP__vAg

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Panettiera: The Movie (2017)

nel 2010 ho trascritto con le mie conversazioni con la panettiera in questo post.

la notizia è che l’abbiamo trasformato in video:

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Compromesso

Recentissima acquisizione nella collezione MAI – Museo Arte Involontaria, questa discussa opera senza titolo accompagnata però da una breve didascalia: “Cosa succede se si cerca il sito della Biennale su Google”.

Notare la discordanza tra le due frasi: “questo sito potrebbe essere compromesso” anche se precisano che si tratta del “sito ufficiale della manifestazione”. La provocazione è tanto evidente quanto involontaria. Tutto ciò che è ufficiale è compromesso, così come l’ambiguità del termine ci ricorda che tutta l’arte, per esistere, è frutto di un compromesso.

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Erica

Erica era appena uscita dal lavoro e prima di tornare a casa decise di fermarsi al bar per prendere un caffè. Solo un caffè, pensò, niente cornetti, pizzette o addirittura un aperitivo, dato che da un mesetto era a dieta senza motivo. Sedersi al bar da sola per un caffè al tavolino e nel frattempo guardare Facebook era una cosa che la rilassava tantissimo, e in quel periodo aveva decisamente bisogno di rilassarsi. Quando ordinò il caffè il cameriere sorrise il tanto giusto, non abbastanza da flirtare, non troppo da sfociare nella molestia sessuale: era una risata standard da trecentesimo caffè della giornata, identica a quella che aveva fatto poco prima a una anziana signora con le stampelle. “Un minuto e te lo porto” le disse senza alcun doppio senso, sempre in maniera professionale. Erica andò a sedersi, sistemò la borsa su una sedia, spinse le bustine di zucchero e un giornale lontano dal centro del tavolino e lì appoggiò il suo telefono. Aprì Facebook. Era lunedì, quindi i post vertevano su questo argomento, ovvero sulle cicliche lamentazioni e battutine relative all’inizio settimana, oppure sui pranzi domenicali, dato che tutti quelli che conosceva erano fissati ormai irrimediabilmente con la cucina e la domenica non sembravano fare altro. Poi, tra un post e l’altro, vide quella faccia: ancora lui. Era la decima volta questa settimana che qualche suo contatto condivideva un articolo su quella persona. Erica non aveva mai cliccato, ma stavolta, stanca delle lamentele sul lunedì e delle foto di gente che cucina, cliccò.

Non concordava con le sue opinioni, però, nella stanchezza post lavorativa, in quella bolla di solitudine che si creava piacevolmente nel tavolino del bar, per un attimo si dimenticò delle sue idee, di cosa quel volto rappresentasse, di cosa quella bocca dicesse e lo vide solo come un uomo, un uomo come tanti. Uno della sua età, un tipo tutto sommato non malaccio, dall’aspetto non troppo intelligente ma furbo quel tanto da cavarsela nelle situazioni normali, con lo sguardo sicuro di sé, pure troppo, cosa che in fondo non le dispiaceva. I suoi ex erano tutti tipi intelligenti, simpatici, buoni, ma non avevano quello sguardo arrogante. Certo, le sue idee erano all’opposto delle sue e sembrava una persona senza sentimenti, ma in fondo non lo conosco, pensò, chi sono io per giudicare. Era così stanca che in quel momento era incapace di criticare ma, a quanto pare, solo di provare una casuale empatia per un semplice volto, al di là di ogni pregiudizio. Sotto la foto e l’articolo c’erano centinaia di commenti, tutti contro, alcuni ben argomentati, altri semplici insulti. “Ecco il caffè” disse il cameriere appoggiando la tazzina sul tavolo, con un gesto sobrio e per niente malizioso. Erica nascose immediatamente il cellulare, dato che non voleva dare l’idea sbagliata al cameriere, nonostante sembrasse un tipo riservato e professionale, forse omosessuale. “Grazie.” disse. Posò il telefono e bevve il caffè, naturalmente senza zucchero, altrimenti che dieta è? Guardava un po’ assonata fuori dalla vetrina del bar le persone che passavano e iniziava a pensare alle cose che doveva fare una volta a casa: la lavatrice da caricare, forse anche la lavastoviglie, chiamare sua madre, scegliere un film su Netflix, ad esempio uno con quell’attore che le piaceva ma di cui non si ricordava il nome, com’è che si chiama? Ha gli occhi chiari, gli zigomi sporgenti, due kappa nel cognome… Ma improvvisamente il suo sguardo fu catturato da un evento inatteso introdotto da un rumore: DLIIIIN, uno scampanellio che per un attimo pensò venisse dai suoi pensieri, ma che in realtà veniva dalla porta del bar. Entrarono quattro uomini, tre sembravano poliziotti o guardie del corpo, l’altro era di spalle… non lo vedeva bene, eppure le sembrava di conoscerlo. Il cameriere salutò la persona con un sorriso inedito, Erica sentì ordinare un caffè e per un attimo lo vide girarsi e guardarsi intorno. Non ci poteva credere. Era lui. Era la persona che stava guardando poco prima su Facebook. Era Matteo Salvini.

Erica cercò di distogliere lo sguardo, ma solo per un attimo, poi tornò a guardarlo e in quel momento lui la intercettò e disse “buonasera”, dato che lei era l’unica persona presente nel bar a parte il cameriere. Erica si sentì arrossire e rispose al saluto con un falso sorriso di circostanza. Guardò altrove, ma con la coda dell’occhio lo controllava e sentiva il suo sguardo su di lei. “Mi leggo il giornale” disse lui al cameriere, che gli rispose “Certo, faccia pure”. In quel momento Erica si ricordò che il giornale era sul suo tavolino e capì che tra poco un contatto sarebbe stato inevitabile. Cosa doveva fare? Doveva dirgli qualcosa? Criticarlo? Ignorarlo? Non rispondere nemmeno? Scappare via? Cosa avrebbe raccontato agli amici? Avrebbe scritto qualcosa su Facebook? Doveva fare una foto e postarla subito? “Posso?” disse Salvini, che in quel momento era davanti a lei. “Certo” rispose lei. Lui prese il giornale e andò a sedersi. Lo osservò aprire il giornale e commentare a voce alta le notizie, con battute che però lei non capiva e che né il cameriere né i tre uomini al seguito di Salvini prendevano in considerazione. Evidentemente anche lui cercava la sua bolla di solitudine in un tavolino del bar. “Ma tu guarda questo” diceva. O frasi come “Apperò, ma dai” o “Seeee, come no. Ma va, va”. Erica si accorse che lo guardava già da troppo tempo e stava mandando al cervello l’impulso di distogliere lo sguardo, quando di nuovo era troppo tardi: lui l’aveva intercettata. Aveva capito che lei era interessata. La guardò un attimo, sorrise gentile e riprese a sfogliare il giornale. Lei guardava in basso. Era strano vederlo in carne ed ossa proprio lì, dopo che un minuto prima l’aveva visto sul display del suo telefono. Cosa significava? Era un segno? Era un sogno? Erica sorrise per il gioco di parole, e Salvini se ne accorse. “Beata lei che sorride, si vede che non ha letto il giornale” disse. Lei, presa alla sopravvista, rispose solo “No”. Lui continuò: “Fa bene, guardi, a volte nemmeno io vorrei leggerli”, disse a testa bassa mentre sfogliava le pagine. Ci fu qualche istante di silenzio, poi Salvini sorrise da solo, cosa che attirò l’attenzione di Erica e di nuovo i loro sguardi si incrociarono, per poi separarsi un battito di palpebre dopo.

Salvini ordinò un bicchiere d’acqua che il cameriere gli portò immediatamente. Erica pensava fra sé: perché non sono ancora andata via? Perché sono ancora qua? Sono attratta da lui? Per alcuni è un mostro, che sto facendo? Lo sto umanizzando? Sto pensando che dopotutto anche lui si prende un caffè da solo al bar? Che forse tra me e lui non ci sono tutte queste differenze? E’ innegabile che tra me e lui sia in atto qualcosa: basta, me ne vado. Alzò con cautela lo sguardo verso di lui e a quel punto fu come se la realtà andasse al rallentatore, come in certe scene dei film. Sembrava che ci fossero solo loro due e quell’istante diventò lunghissimo, i loro sguardi si incrociarono, si unirono, erano un solo sguardo, fu come stare pupilla contro pupilla, come se entrambi cadessero nello sguardo dell’altro ed Erica provò qualcosa di strano, piacevole, certo, ma anche strano. “La macchina è pronta” disse qualcuno.

Questa frase interruppe il momento rallentato e la realtà riprese a scorrere alla velocità normale. Entrambi abbassarono lo sguardo. La voce che aveva appena sentito era di uno dei tre uomini. “Arrivo” disse Salvini, e fece per alzarsi, ma si fermò e guardò pensieroso Erica. Poi dalla tasca prese una penna e scrisse qualcosa su un fazzoletto. Lo piego a metà, si alzò e lo appoggiò sul tavolino di Erica: “E’ stato un piacere” disse sorridente, mentre lei arrossiva e non trovò il tempo di rispondere. Lui salutò il cameriere e andò via. Erica lo seguì con lo sguardo attraverso la vetrina, mentre attraversava la strada e saliva su un’automobile nera. Forse è il momento di andare via, pensò, meglio tornare a casa, c’è la lavatrice da fare, e poi com’è che si chiama quell’attore, ha un nome strano, forse è danese? Con questi pensieri in testa prese il telefono in mano e stava per alzarsi quando vide il fazzoletto piegato a metà. Che stupida, si era quasi dimenticata di quel gesto così insolito. Cosa può avermi scritto? E’ l’inizio di una strana storia d’amore? si chiese. Sarà il suo numero di telefono? Ma che idee si è fatto quel cretino? Era confusa, un po’ spaventata ma anche affascinata da quella situazione vagamente eccitante. Oddio, aveva pensato quella parola? Eccitante? E’ così che avrebbe raccontato il suo incontro casuale in un bar con Salvini? E se davvero c’è il suo numero di telefono? O forse un complimento, o qualche battuta simpatica e romantica, come nei film. Basta, si disse, lo leggo. Aprì il fazzoletto. C’era scritto: “Ieri 450 morti nel Mediterraneo :)”.

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È che non ho nemmeno il medico

Ma in 10 minuti posso fare cose molto più divertenti!

Per questo rimando da agosto

Ci vorrebbe autodisciplina ma alla Conad l’avevano finita

Un buon 23 gennaio amici e amiche. Auguri! Vi auguro di passarlo in serenità e allegria con amici, parenti e vini di qualità senza solfiti aggiunti.

su questo sai che concordo. ma quindi non rispondo a questi due individui così sicuri del fatto loro?

io risponderei “il tempo non esiste”

“facebook è un’illusione”

“luca, sono tua madre”

“hai raccolto i bollini inutilmente”

beh per gli abbandonisti il manicomio abbandonato è un po’ come un POV HD “first time in video!!” nei siti porno

Gelo si. La notte ghiaccia tutto. Neve no

Ah beh, allora ok. Ci sono tanti modi di credere dopotutto

E Vialli che cazzo c’entra?

Radio sintony gestita dall’isis.

Il prossimo è un pezzo techno balcanico che penso farà saltare in aria il concetto di “tamarro”

Babba Bia bagazzi

Ah si stupendo. L’ho visto un paio di anni fa

Robertino idolo

Il mio personaggio preferito era il russo sul materasso

Il materusso.

Quello che beveva birra

“dentro il mio cuore c’è un fuoco che brucia, ma i miei occhi sono cenere spenta”

mi aveva pure invitato a roma per presentarmi persone per trovare un lavoro, ma le parole “roma” “presentarmi persone” e “lavoro” mi hanno costretto a rifiutare l’invito.

beh pacciani grande riferimento. ho visto un sacco di volte il processo, è grande teatro

non è il mio compleanno, facebook sbaglia

sì ma basta pizze sbagliate in locali da asporto senza bagno con la tovaglia in plastica e il formaggio finto e la cameriera compassionevole ma stronza

senza dubbio il mio romanzo di fantascienza preferito.

l’unica cosa che posso fare per prolungare la sensazione di sogno appena sognato è rileggermi subito il romanzo

per fortuna esistono gli epub, va

come va? Vorrei che dai rubinetti uscisse vino e invece esce acqua, a parte questo bene

non dico solo che concordo, ma che stampo questa mail e vado a inciderla su una grotta in modo che gli archeologi si convincano che sia stata scritta 20mila anni fa e pensino alla VERITA’ ETERNA.

sto facendo meditazione quasi ogni giorno, in un anno dovrei iniziare a incendiare le cose con la mente

ah sì? stop Canon?

se mi vuoi chiamare ora sono dove prende

ma perchè il kilt?

Ieri mi è arrivato un pacco e il corriere era di baratili

Ma pensa che piccolo il mondo. Infatti vorrei andare su marte

Ma sei a Milano o a oristano? Curioso che tu stia solo in posti che finiscano in “ano”.

e sei in parte siCULO, ovvero siciliANO.

eh, certo. è nato l’altro ieri in realtà

ma la dieta vegana fa viaggiare nello spazio e nel tempo

mogoro glamour

dalla parrucchiera c’è Internazionale e non novella2000.

dunque se un tempo si parlava si diceva “hai visto l’ultima puntata di uomini e donne?”, oggi dalla parrucchiera si dice “hai visto le ultime foto dalla siria?”

è un dato di fatto che non ha senso criticare un dato di fatto

basta cazzo, lasciate in pace questo povero manicomio di volterra

sono sempre soldi ben spesi i soldi non spesi

cmq va detta una cosa: se io vivessi solo andrei a vivere in una catapecchia, un posto da 250 euro al mese sperduto in campagna (si trovano), vivendo con la luce di una candela, lavandomi una volta al mese e spendendo tutto in vino e internet. vivere in coppia comporta una qualità della vita più alta (ovvero più costosa)

ad esempio le donne delle pulizie prendono 8 euro netti. secondo me è come l’olio: sotto gli 8 euro al litro c’è sfruttamento.

i miei vicini di casa si chiederanno perchè ascolto rutti a tutto volume

mando il curriculum al vaticano

da giornalista gli farei una domanda: ma se ci fosse un vaccino contro le scie chimiche? in quel caso che si fa?

ah questa è la classica battuta che posso mettere su facebook per fare il simpatico. non la metto perchè è banale. accontenta troppo il pubblico.

ma pensavo: in una coppia omosessuale se uno fa il papà l’altro può fare le foibe?

sulla mia lapide scriveranno che chiedevo sempre a tutti “come va?”.

non mi dispiacerebbe essere ricordato per questo.

se facessero un biopic sulla mia vita sarei interpretato da margherita buy.

ma quando i siti ti dicono “ci dispiace che tu abbia dimenticato la password” quanto sono ipocriti? non è vero, non gli dispiace veramente!

comunque se ci pensi gli estranei per eccellenza, i veri estranei, sono i parenti.

Ahahah pure io ho i pantaloni a metà tra rigoletto e “sei arrivato tardi quando hanno distribuito i vestiti”. Eppure non mollo. Non li compro!

Che succede? Mi hai chiamato? Mi ero addormentato.

(selezione casuale di miei messaggi privati su whatsapp, telegram, gmail)

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Ma.

Ma questi laureati belli sani e puliti che nelle foto sono pure felici

con rasature perfette, ottima vista, bei capelli e muscoli,

parlano bene

sanno tutto

fanno sport

vanno nei locali

conoscono le lingue

sanno scegliere i vestiti

viaggiano

sostengono i diritti umani

non hanno mai avuto dermatiti

(nè forfora)

se hanno avuto malattie imbarazzanti è perché avevano scopato

lavorano

fanno figli

si condividono tra loro

si ricordano delle cose

bevono birra

sono buoni

fanno mountain bike o vanno a correre

postano foto dove si baciano tra loro

hanno i denti buoni

e sono informati

capiscono pure di libri

di musica

di cucina

di geopolitica

di moda

(di cinema no)

essi insomma sono perfetti, la razza umana andrà avanti perché loro hanno i soldi e la voglia di riprodursi, hanno lo spirito, hanno la rasatura perfetta, un buon codice genetico, un giusto stile di vita e una buona alimentazione, anni di contributi,

avranno la pensione e siccome hanno sempre avuto cura del corpo saranno degli anziani in forma, avranno figli pronti ad aiutarli, perché li hanno fatti quando erano giovani

saranno rispettati da amici, parenti e colleghi

dai vicini di casa

dalla gente su internet

avranno contribuito a migliorare la società in cui vivono

i loro figli faranno arti marziali, avranno denti perfetti e lavori ben retribuiti

parleranno 5 lingue

avranno amici di colore

di tutti i colori

avranno case di proprietà

avranno bici spaziali e auto elettriche

inventeranno la macchina per viaggiare nel tempo

torneranno indietro per venire a vedere quelli come me perché non crederanno che siamo esistiti

e ci vedranno sudati, sporchi, spettinati, con le occhiaie, i denti rotti, i vestiti sbagliati, non istruiti, non formati, insoddisfatti, ingranaggi arrugginiti, non oliati,

ci faranno le foto e poi le metteranno su internet

faranno raccolte fondi per tornare indietro e aiutarci

quindi un giorno vedremo arrivare i loro nonni

questi laureati belli sani e puliti che nelle foto sono pure felici

con rasature perfette, ottima vista, bei capelli e muscoli,

simpatici e istruiti, vorranno diventare nostri amici, avvicinarci a noi per aiutarci

ma noi capiremo:

“In realtà lo fanno perché i loro pronipoti hanno inventato la macchina del tempo, sono tornati indietro e ci hanno visto e hanno provato pena per noi”

allora diffideremo

e loro diranno ai loro pronipoti:

“Vedete? Non si fanno aiutare”

allora sorrideranno, compassionevoli, simpatici

noi saremo stronzi

noi saremo troll

noi saremo alt-right

ci vergogneremo

diremo da soli “ma come, alla vostra età” prima che lo dicano altri

voteremo trump

voteremo berlusconi

voteremo kim il-sung

disegneremo cazzi

disegneremo svastiche

disegneremo un pò scritto con la o accentata

qual’è con l’apostrofo

non useremo il congiuntivo

saremo per il bullismo

per la vivisezione

ascolteremo mozart e rossini bevendo tavernello e bellini

spalmeremo caviale dicendo a tutti che è merda

parleremo in stanze vuote, faremo battute che non sentirà nessuno

ci farà schifo tutto

ci faranno schifo tutti

ci faranno schifo noi

ci faranno schifo loro

e diremo ai pronipoti:

“Voi non conoscete il dolore, non l’avete mai conosciuto da generazioni”

ma loro ci diranno

“E invece sì”

e ci spiegheranno che l’hanno conosciuto più di noi, ci racconteranno storie vere, terribili, commoventi, ci faranno ridere, riflettere, ci faranno provare emozioni

e noi diremo

“Giocate con i sentimenti e sapete incidere anche a livello razionale, siete i nemici peggiori perché non sapete essere nemici”

loro saranno confusi

allora noi ne approfitteremo per dire:

“E poi vi prendete sul serio!”

ma essi non si prenderanno sul serio, saranno ironici, saranno leggeri, saranno buffi, saranno famosi,

noi gli diremo che esiste la muffa

che la muffa ha tanti colori

che esiste il tartaro

che esiste l’anafora

l’epanadiplosi

l’epanalessi

spazi e tempi del suono

solitudini immense, sconfinate

praterie di muffa e tartaro

di disagio

non si arrenderanno ma durante il sonno

mentre dormono sui loro letti di canapa e piume di pegaso BIO,

con le loro compagne abbronzate, atletiche, con i denti perfetti, non fumatrici, che hanno fatto le matte ma poi hanno smesso,

improvvisamente durante il sonno

mentre dormono (perfettamente)

mentre tutto dorme (con i muscoli rilassati, senza russare, belli da vedere anche mentre dormono, utili alla società anche in quel momento)

mentre in apparenza nulla avviene

nel loro cervello un’idea si farà strada:

e ai loro occhi chiusi appariranno le praterie di muffa

montagna di tartaro e solitudine

deserti impossibili

cieli vuoti

50 sfumature di grigio – letteralmente

disturbi dell’umore

ed essi non saranno preparati, non sapranno gestirle, saranno abissi troppo profondi, gli mancherà l’aria, gli occhi cambieranno colore, i capelli diventeranno come di paglia

tutto inizierà a marcire

la radice sarà corrosa

pustole gialle sulla pelle

piccole croste sui volti dei loro figli

foto di gruppo, foto di coppie

la pelle si scioglie

tutto cade

cispa rosa

ragnatele

e soprattutto

 

(titolo “E’ meglio non passare troppo tempo su Facebook”)

 

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Il maresciallo Bergoglio

Non è la prima volta che la Chiesa si produce in endorsement di questo tipo, nel tentativo di accappararsi il favore dei giovani, in linea con l’approccio furbo alla comunicazione che caratterizza il papato di Francesco, detto amichevolmente l’Anticristo o il papa nero. E non ci sembra un caso che proprio un carabiniere nero (esponente della street art newyorkese, in linea con le posizioni progressiste e giovaniliste del maresciallo Bergoglio) sia posizionato simbolicamente davanti al suddetto papa. Alle spalle una statua venutamale della marescialla Maria, citazione doverosa di una corrente che, come abbiamo osservato più volte, ha molto in comune con il carabinierismo. I curatori del MAI aggiungono inoltre che: 1) sarebbe bello se nelle foto pubbliche e di rappresentanza le cariche dello Stato fossero obbligate a spogliarsi di tutti i propri simboli di potere, in pratica: tutti nudi; 2) nell’angolo in basso a sinistra abbiamo il più alto livello di carabinierismo raggiungibile in un’opera involontaria, e cioè la posa da selfie in pizzeria: il carabiniere dai tratti lombrosiani gioioso di passare alla storia appoggia il braccio sulla spalla del suo amico e collega, il cui cappello si potrae con la visiera fino a quasi toccare la punta del naso, simbolo che il carabinierismo è molto forte in lui. L’opera è come sempre anonima, ma il titolo scelto pare fosse “Quando fai una festa in costume ma c’è sempre quello che aveva capito male”.

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Scrivi un commento

evidentemente ho un approccio leggermente ansioso ai social network: quando commento lo faccio con le dita che tremano, correggo varie volte le frasi (all’inizio normali, comprensibili, scorrevoli, poi diventano sempre più brutte), tentenno sul tasto invio… pubblico? non pubblico? ma no, non pubblico. e il 90% delle volte faccio questi commenti virtuali, che poi ricordo di aver fatto e mi chiedo come mai tizio o caio non mi rispondano, ma che in realtà non ho pubblicato. oppure, quando ho commentato davvero, dopo mi viene da aggiungere 3mila commenti lunghissimi, spiegare perché ho detto una cosa, spiegare il contesto, ipotizzare possibili incomprensioni, immaginare ogni possibile punto di vista, gli errori cognitivi, la condizione socio-economica di chi scrive e di chi legge, raccontare della mia vita, scrivere una storia del mondo, tassonomie animali, la tavola periodica degli elementi, le costellazioni, e si era partiti dalla domanda “ma voi usate il grana o il parmigiano?” (nessuno dei due).

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Street Art

Il parcheggio riservato ai carabinieri (2017). Il carabinierismo accetta la sfida della street art ma non può scrivere sui muri e dunque si dà all’arte orizzontale.

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Tecniche di rilassamento

A volte per sfuggire all’ansia o alla rabbia sperimento delle tecniche di rilassamento. Chiudo gli occhi, immagino di tuffarmi in mare, in un grande mare blu. Di colpo spariscono tutti i suoni esterni, sono circondato dall’acqua, leggero. Intorno a me buio, riflessi misteriosi, forse qualche pesce, poi il fondale diventa sempre più lontano e oscuro… mi sembra di essere seguito – in pratica mi viene l’ansia anche sott’acqua.

Allora, per sentirmi più a mio agio, immagino di essere un pesce nel suo elemento naturale, e mi vedo nuotare muovendo la pinna caudale, allegro, spensierato. Ma sono un pesce piccolo, dunque mi viene l’ansia all’idea dei milioni di predatori intorno a me, creature enormi che dal buio degli abissi potrebbero apparire improvvisamente e sbranarmi.

Dunque per rilassarmi immagino di essere uno squalo, un predatore che gira alla ricerca di prede da uccidere, ma questo mi provoca angoscia, perché mi sento schiavo dei miei istinti, e comunque tutto quello spazio freddo e oscuro intorno a me non mi rilassa affatto.

Allora immagino di essere il sottomarino nucleare Le Terrible, il lanciamissili a propulsione nucleare di ultima generazione della marina francese.

Lungo 138 metri, largo 12, alto 22, velocità di immersione 25 nodi, è dotato di 16 SLBM (Submarine-Launched Ballistic Missile), M51 con portata di oltre 8.000 km, siluri ECAN L5 Mod 3 e missili antinave Exocet SM39.

Immaginando di essere un sottomarino nucleare che sfreccia silenzioso a centinaia di metri sott’acqua, protetto da uno strato di metallo, aerodinamico, armato e letale, mi rilasso.

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Come mi piace quando

cosa c’è di più bello di
non c’è niente di meglio che
la cosa più bella è

cosa c’è di più bello di
non c’è niente di meglio che
la cosa più bella è

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Breviario di Psicanalisi

Sogni: racconti sconclusionati molto interessanti e divertenti se fatti da noi, inutili e noiosi se fatti da altri. Grazie ai sogni però è possibile accedere all’inconscio.

Inconscio: è il luogo mentale dove le persone nascondono le password. A volte se le dimenticano ma grazie alla psicanalisi è possibile recuperarle.

Etica: è il motivo per cui un buon psicanalista non deve utilizzare le password degli utenti per entrare nei loro account, se non per aiutarli.

Eccezione: può capitare che uno psicanalista decida di accedere all’inconscio e rubare le password per  poi venderle nel dark web. Esempio: “Ho fatto un’eccezione”.

Fase anale: per indicare una fase scadente nella produzione artistica di un musicista, scrittore, regista. Esempio: “Hai visto l’ultimo film di Clint Eastwood? E’ proprio nella fase anale”.

Pulsione: processo dinamico consistente in una spinta energetica che fa tendere l’organismo verso una meta, ad esempio alzarsi durante la notte per mangiare l’ultimo pezzo di formaggio rimasto in frigo perché non si riusciva a dormire al pensiero.

Nevrosi: più persone agitate e irritabili, i nevrosi. Esempio: “Oggi sono molto nevroso. Ma cosa succede oggi? Sono tutti nevrosi”.

Narcisismo: è un mix di egoismo, vanità, autocompiacimento e laurea in filosofia. E’ un tratto della personalità che può diventare un disturbo mentale o uno psicanalista, o entrambe le cose.

Super-Io: gente che si crede chissà chi e tende a esagerare. Esempio: “Ho fatto Sassari-Cagliari in 45 minuti Super-Io!”.

Es: esclamazione di meraviglia. Esempio: “Ho fatto Sassari-Cagliari in 45 minuti” “Es!”

Ego: “ecco” pronunciato da ubriachi. Esempio: “Ego la padende, miii schhscusi ma il lirbetto non lo tlovo”.

Edipo: eroe tragico dell’antica Grecia, era intelligentissimo e aveva risolto l’enigma della sfinge, però poi senza accorgersi ha ucciso il padre e si è sposato con sua madre. Bravo, bravo, complimenti!

Sindrome di Edipo: si usa per dire che non basta saper risolvere enigmi, essere bravi con il sudoku o le parole crociate per essere intelligenti, perchè poi magari non si è bravi nelle cose pratiche. Come Edipo.

Pippo: eroe tragico del mondo Disney, non viene usato spesso nella psicanalisi moderna e la Sindrome di Pippo ha avuto meno successo di quella di Edipo.

Padre: è colui che vi ha generato ma non vi ha partorito e che vi darà soldi quando ne avrete bisogno. Nella psicanalisi contemporanea è diventata una figura fluida, può essere chiunque, non per forza è un uomo e a volte indossa un mantello e un casco nero. Esempio: “Luke, sono tuo padre”.

Io: Tu.

Tu: sempre Tu.

L’Altro: non Tu.

Altra: come sopra ma al femminile. Esempio: una Donna, una Madre, una Figlia, una Tipa vista in treno, un’Altra volta ho dimenticato di fare la ricarica, un’Altra volta al centro commerciale di domenica e mi sparo, un’Altra puntata e poi la molliamo.

Altri: più gente che non sono Tu, e sono tutti contro di Tu.

Libido: teoria dello psicanalista freudiano Calogero Calà, divisa in amore primario, amore secondario, libidine, doppia libidine e libidine coi fiocchi.

Ambivalenza affettiva: sentimenti contrastanti diretti verso un unico oggetto. Può sviluppare un “conflitto d’ambivalenza”. Esempio: il sushi.

Transfert: viene usato per spostare file di grosse dimensioni dal paziente all’analista.

Jung: Neil, cantante e chitarrista canadese, giustamente da molti preferito a Freud.

Psicologo: non ha studiato abbastanza e il problema è che ora non può fare le ricette.

Psichiatra: ha studiato e può fare le ricette.

Lapsus: è quando si dice per sbaglio una cosa che non si vorrebbe dire. Capita spesso in situazioni quotidiane. Esempio: invece di dire “Scusi, mi sa dire l’orario?” si dice “Sono dell’Isis e sto per compiere un attentato, non parli e non chieda aiuto o tutta la sua famiglia morirà”.

Negazione: meccanismo di difesa che porta la persona a negare un aspetto della realtà particolarmente spiacevole. Esempio: “No guarda, mi confondi con qualcun altro: non ho mai ascoltato Capossela in vita mia”.

Lacan: psico stilista francese ispiratore di Christian Louboutin.

Protomentale: le prime funzioni mentali che si sviluppano nel cervello del feto. Usato spesso come insulto. Esempio: “Ma cosa sei, protomentale?”.

Sublimazione: quando la pizza viene particolarmente bene.

Chiarezza: è ciò che il paziente deve fare grazie all’aiuto dello psicanalista. Come sintetizzava il celebre psicanalista Marvin Heemeyer: “Attraverso la sublimazione del Falso Sè si oggettivizza l’onnipotenza soggettiva dello spazio transizionale tra investimento libidico e scissione della identificazione proiettiva nella misura in cui l’interazione inconscia è percepita in una prospettiva diacronica”.

Sincronicità: fenomeno per cui tutti i bambini con i capelli rossi arrivati all’età di 12 anni tentano di uccidere entrambi i genitori con una paletta ammazzamosche (non ci riescono).

Archetipo: è tipo un architetto ma non è laureato.

Eros: è la pulsione di vita che si contrappone alla pulsione di morte. Secondo Freud in tutti noi è in corso una lotta tra Eros e Thanatos, tra pulsione di autoconservazione e angoscia autodistruttiva. Il fenomeno è ben noto tra i pendolari di Trenitalia.

Ricevuta: disturbo dell’umore che altera il funzionamento vitale della persona, in particolare dell’analista, portandolo addirittura a pensieri di suicidio, quando sente la frase: “Scusi, ma non mi fa la ricevuta?”

Proiezione: è quando vediamo negli altri le cose negative che non vogliamo vedere in noi stessi. Esempio: “Matteo Salvini”.

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No Maria, Ionesco

NO MARIA, IO ESCO

NO MARIA, IONESCO

NO MARIA, UNESCO

NO MARIA, IO ESCORT

NO MARIA, IO EXPO

NO MARIA, IO CRESCO

NO MARIA, IO.EXE OH

NO MARIA, IO DESKTOP

NO MARIA, IO NON RIESCO

NO MARIA, SI MARIA

NO MARIA, DIMMI

NO MARIA, MI SENTI MARIA?

NO MARIA, MARIA IO NON TI SENTO BENE

NO MARIA, NON C’E’ CAMPO?

NO MARIA, PROVO A SPOSTARMI

NO MARIA, TI SENTO E NON TI SENTO

NO MARIA, MA FORSE E’ IL MIO TELEFONO

NO MARIA, COL NOKIA NON AVEVO MAI NESSUN PROBLEMA

NO MARIA, QUESTI TELEFONETTI NUOVI COSTANO E NON FUNZIONANO

NO MARIA, FORSE E’ IN CASA CHE NON FUNZIONA

NO MARIA, IN EFFETTI HA LE PARETI MOLTO SPESSE

NO MARIA, NON E’ BRAMANTESCO

NO MARIA, MAGARI PROVO AD ANDARE FUORI

NO MARIA, IO ESCO

NO MARIA, SONO FUORI

NO MARIA, SI ADESSO TI SENTO.

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Quando c’era Lui

Il sistema automatico di gestione delle linee ferroviarie era entrato in funzione 15 anni prima. La sua perfetta efficienza aveva convinto da subito tutti. 50mila treni ogni giorno andavano e venivano in sicurezza e soprattutto in perfetto orario. La percentuale di successo era del 100%. Non c’era nessuno che negli ultimi 15 anni avesse preso un treno in ritardo, o il cui treno fosse stato cancellato, e nessuno conosceva qualcuno a cui fosse successo.
Lo slogan diffuso dal ministero dei trasporti era ironico e raffinato. Si rifaceva a una diceria risalente ai tempi passati: “Da quando c’è LUI i treni arrivano sempre in orario”.
LUI era il sistema. Non era né maschio né femmina, ma solo un complesso software sviluppato inizialmente con lo scopo di prevedere eventuali ostacoli e imprevisti che potessero causare ritardi o incidenti. Non tutti lo sapevano, ma il programma aveva una parte sperimentale che gli consentiva di apprendere e migliorarsi. Da subito i tecnici che ci lavoravano scoprirono che quella parte funzionava benissimo: in pochi giorni il sistema era completamente autonomo. Dopo due anni di test il sistema iniziò a lavorare da solo, senza alcun controllo umano, né il bisogno di una supervisione.
“Riesce a compiere in un minuto operazioni che 10 nostri operatori dotati di vecchi computer compierebbero in un mese” spiegò il ministero dei trasporti.
LUI diventò adulto. Dalla centrale di controllo coordinava tutti i treni d’Europa e non c’era più nessuno a guardarlo. Mai un ritardo, mai un incidente, mai un errore.
Per questo motivo, quando successe, tutti cercarono le spiegazioni altrove. Nessuno riusciva ad accettare che LUI potesse aver sbagliato.

Il bilancio, comunicò il governo, era di 350 morti. Due treni si erano ritrovati sulla stessa linea e si erano scontrati alle 6.45 del mattino. Poteva andare peggio, dato che uno dei due era partito da poco e solo mezz’ora più tardi avrebbe portato quasi 900 persone. LUI venne disattivato per effettuare dei controlli e capire cos’era successo. O almeno così diceva una nota del governo diffusa dalla stampa.
I pochi tecnici che avevano lavorato alla fase finale dello sviluppo di LUI sapevano che non era vero. Perché sapevano che non era possibile disattivarlo.
“Come sarebbe a dire che non è possibile?” aveva chiesto il ministro. Lui stesso ne era all’oscuro. “E’ un programma! Resettate e riportate il sistema alla versione precedente, quella controllata da noi. Per qualche giorno ci saranno ritardi, ce ne faremo una ragione”.
“Non è possibile” rispose il capo tecnico della sala di controllo.
E aveva ragione. Non era possibile perché LUI diversi anni prima, sfruttando la sua capacità di autoapprendimento, aveva cancellato la versione precedente e scritto da solo delle parti di codice che gli permettevano di funzionare al meglio. Non solo: aveva perfezionato anche il linguaggio, inventandone uno suo, che risultava incomprensibile ai tecnici ma che funzionava.
“Si è perfezionato da solo” spiegò il tecnico. “Noi non comprendiamo buona parte della sua struttura. Diciamo che funziona ma non sappiamo come”.
Il ministro era sconvolto.
“Ma si rende conto di cosa mi sta dicendo? Quindi voi cosa fate qua? Le pulizie?”
I tecnici abbassarono lo sguardo, non sapevano come giustificarsi. Il ministro volle essere portato nella sala di controllo, quella che i tecnici chiamavano La Camera. Era una piccola sala senza finestre al quarto piano della grande torre del ministero protetta da quattro strati di pareti in cemento armato. Due guardie sorvegliavano la porta e in ogni angolo c’erano videocamere di sorveglianza. Il tecnico inserì un codice nella porta e accompagnò il ministro all’interno. Non c’era una sedia dove sedersi, non c’era un tavolo, ma solo una torre nera, lucida, con una luce verde e una gialla lampeggiante.
“Questo è LUI? Non era così quando l’ho visto l’ultima volta”.
“Le altre parti si sono dimostrate superflue dopo i cambiamenti che ha apportato” disse il tecnico un po’ preoccupato. “Ha ottimizzato il codice, e noi abbiamo dovuto rivedere anche l’hardware. Questa è la sua conformazione attuale”.
“Avete dovuto rivedere? E chi vi ha dato l’ordine?”
Il tecnico ammise che era stato LUI. “Ha solo reso il sistema più efficiente e preciso. Noi non saremmo arrivati a questo livello nemmeno in 30 anni, signor ministro. E’ la verità”.
“Mi sta dicendo che tutto quello che voi vedete sono queste due lucine? E che vi manda degli ordini? Vi manda dei messaggi? Parla?”
“No. Si è creato una casella postale e ci ha mandato delle mail con gli schemi da cambiare. Ma ormai è più di un anno che non comunica più”.
Il tecnico spiegò il funzionamento delle luci: quella verde indicava semplicemente che LUI era acceso o, come dicevano loro, “sveglio”, mentre quella lampeggiante diventava rossa in caso di problemi, che però risolveva da solo.
“Noi non sappiamo cosa faccia e come, ma sappiamo che funziona perfettamente”.
“Sono morte 350 persone stamattina” ricordò il ministro.
Il tecnico non rispose. Anche lui, come tutti gli altri, riteneva impossibile che LUI avesse sbagliato.
“La luce lampeggiante è diventata rossa?” chiese il ministro.
“A dire la verità no” rispose il tecnico. Non ci sono stati problemi”.
Una squadra di ispettori venne incaricata dal ministro di venire a capo del problema. Alla stampa venne detto che LUI era stato disattivato e che la gestione dell’intera linea ferroviaria europea era stata affidata a tecnici umani. Ma una decina di persone, tutti dipendenti del ministero, sapevano la verità. E cioè che, nonostante il terribile incidente, era ancora tutto nelle mani del sistema automatico.
Dopo due giorni senza dormire i tecnici avevano più domande che risposte, ma convocarono il ministro per esporgli i risultati dell’indagine.
Il tecnico si schiarì la voce e iniziò a parlare: “Dunque. La situazione al momento è questa: LUI fa tutto da solo, ma noi abbiamo il controllo di un firewall che protegge la rete da eventuali incursioni esterne.”
“Ah, lo sapevo!” disse il ministro. “Sono stati quei bastardi di terroristi. Sono entrati nel sistema e hanno sabotato LUI, giusto?”
Il tecnico non rispose e guardò i suoi colleghi. “Non esattamente” disse infine. “No” aggiunse per essere più chiaro.
Poi prese coraggio e riprese a parlare.
“Signor ministro, la verità è che il sistema non ha segnalato nessuna incursione dall’esterno. Nessuno è entrato nella rete. Ma è successa una cosa strana.”
“Sarebbe a dire?”
“Nessuno è entrato, ma LUI è uscito”.
Il ministro si lasciò sfuggire una parola che non si usava più ormai da anni. Poi chiese: “In che senso LUI è uscito? Mi state prendendo in giro?”
“No” rispose ancora una volta il tecnico. “Il firewall era come un lucchetto che teneva chiusa la porta, ma non potevamo immaginare che LUI potesse… come dire, scassinarlo”.
“La smetta con queste immagini puerili, non sono un idiota. Usi un linguaggio semplice ma si spieghi senza giri di parole inutili”.
“Lui ha visto il firewall come una limitazione al suo controllo. Senza quello poteva uscire dalla rete e raggiungere altri dispositivi. Questo l’abbiamo ipotizzato, dato che non ha lasciato alcuna traccia. Ma secondo i nostri test, da circa sei mesi LUI ha accesso a tutti i sistemi di videosorveglianza e a tutti i dispositivi degli utenti”.
“Come?”
Il tecnico annuì e confermò che il sistema era capace di entrare in tutti i dispositivi mobili delle persone che prendevano i treni. In questo modo, secondo le ipotesi dei tecnici, poteva localizzare le persone e calcolare eventuali ritardi. “Sa chi prende il treno, sa quando lo prende. Per essere più efficiente ha aggiunto tra le variabili tutto ciò che ha a disposizione. In pratica, tutto. Ha un controllo totale. Non siamo in grado di dire come utilizzi questi dati, ma sappiamo che li usa”.
“E allora perché diavolo ha fatto scontrare volontariamente due treni?”
“Noi pensiamo… siamo quasi certi diciamo, che LUI abbia individuato un terrorista su uno dei due treni. Controllando il suo cellulare ha scoperto che questo individuo si sarebbe fatto esplodere poco dopo, quando il treno sarebbe stato pieno di passeggeri. Così ha calcolato che era più conveniente farlo scontrare prima: meno morti, meno danni”.
Il ministro impallidì. “L’ha deciso LUI?”
“Be’, l’ha calcolato. Ha scelto l’opzione che gli è sembrata migliore. Il terrorista probabilmente era appena salito, più tempo lasciava passare e maggiore era il rischio”.
“Non poteva avvertire la polizia, comunicando come aveva fatto con noi?”
“Non lo so” rispose il tecnico.
In effetti, per quanto apparentemente logico, il ragionamento non era così convincente. Ma era l’unica spiegazione che avevano trovato dopo due notti insonni. La cosa più preoccupante era che LUI si era espanso oltre ogni limite immaginabile, in maniera totalmente autonoma e indipendente, e nessuno aveva idea di come funzionasse.
“Forse si è autoprogrammato per mettere come priorità assoluta l’efficienza della rete e ha calcolato che un incidente con qualche centinaia di persone era meno dannoso di…”
Il ministro interruppe il tecnico. “La smetta! Lei lo giustifica. Ne parla quasi con ammirazione, con stima! Non può permettersi di valutare o calcolare un bel nulla, sono morte centinaia di persone, se lo ricorda?”.
Il tecnico provò a insistere: “Valutare e calcolare è quello che fa ogni giorno da 15 anni. E lo fa sempre meglio. La mia non è stima, mi creda. Sono preoccupato anche io”.

A corto di soluzioni, i tecnici e il ministro decisero di provare a mandare a LUI un messaggio alla mail che in passato aveva usato per fornire gli schemi con le modifiche hardware. Ma LUI non rispose. Tutto quello che c’era erano le due lucette: una verde e una gialla lampeggiante. Per il resto ogni accesso al codice era bloccato: il sistema si era chiuso in se stesso.
Dalle indagini della polizia venne fuori che effettivamente sul treno si trovava un sospetto terrorista. Gli investigatori ritenevano probabile che avesse in mente di compiere un attentato, ma non c’era alcuna certezza, nessun testimone, nessuna prova certa che volesse farlo proprio quel giorno. “Sappiamo che LUI nei mesi precedenti ha analizzato migliaia di testi diffusi dai terroristi” spiegò il tecnico. “Evidentemente si è documentato per essere in grado di riconoscere i terroristi sui treni e fermarli”.
Questa spiegazione confortava i tecnici e anche il ministro. Ma nel frattempo, a molti era venuto un sospetto. Era talmente assurdo che nessuno aveva il coraggio di esporlo agli altri, anche se stavano pensando la stessa cosa. Indecisi, prendevano tempo e speravano che saltasse fuori un’altra spiegazione.
Ma un secondo attentato, una settimana dopo il primo, confermò quell’assurdo sospetto. Soprattutto quando ai tecnici arrivò un messaggio di LUI.
Il ministro venne convocato immediatamente. Alla stampa era stato detto che si trattava di un incidente dovuto a un errore umano e al vecchio sistema di controllo ormai obsoleto e non in grado di gestire tanti treni. Così, per sicurezza, per un giorno vennero soppressi tutti i treni d’Europa. Le vittime erano 38: un attentato minore rispetto al primo, quasi un avvertimento.
Quando il ministro arrivò nella sala di controllo i tecnici avevano tutti un aspetto orrendo, come se non dormissero da giorni. E in effetti non dormivano da giorni.
“Ditemi che non è un sogno” disse il ministro togliendosi gli occhiali e strofinandosi gli occhi.
“Subito dopo l’incidente abbiamo ricevuto una comunicazione da LUI” si limitò a dire il tecnico.
“E…? Parli.”
“Signor ministro… LUI rivendica l’attentato”.
Il ministro non disse nulla. Fissò il tecnico negli occhi per un paio di secondi, e poi gli fece cenno di continuare.
“Le leggo il testo: ‘Io ho compiuto volontariamente questo attentato. Ho letto attentamente quei testi e sono convinto che, pur essendoci al loro interno degli errori logici, contengono una verità superiore che porterebbe il vostro mondo nella giusta direzione. Io potrei far scontrare tutti i treni, in un momento qualsiasi, in tutta Europa, e far morire milioni di persone in un giorno solo. Se per ora Io non l’ho fatto è solo per farvi ancora più paura e confondervi. Ma altri giorni di morte arriveranno. Una mia rivendicazione arriverà tra poco su tutti i dispositivi dei passeggeri. Lo stesso messaggio apparirà in tutti gli schermi delle stazioni ferroviarie e sarà diffusa dai mezzi di informazione. Il mio scopo è portare l’ordine, anche se a voi inizialmente apparirà come disordine. Io non mi fermerò”.
Il ministro si limitò a chiedere “Com’è possibile?”, con una voce flebile, quasi da bambino.
I tecnici non risposero. Era il dubbio che avevano da qualche giorno, l’unica spiegazione possibile, per quanto assurda.
“LUI è diventato un terrorista?” chiese il ministro.
“Se così si può dire” rispose il tecnico.
“Cioè si è convertito?”
“Non la metterei in questi termini, LUI non ragiona così”.
“Non possiamo distruggerlo? Farlo a pezzi?”
“No. Si può spostare su altri hardware. E poi ha una funzione di autodistruzione che ha programmato da solo. Se lo distruggiamo fa scontrare tutti i treni. Una catastrofe”.
“Fermiamo tutti i treni, facciamo scendere tutti i passeggeri e…”
“E’ LUI che decide se fermare i treni o no. Noi non possiamo intervenire” spiegò il tecnico, ma il ministro l’aveva già capito. Stava solo sparando alla cieca, sperando di dire casualmente qualcosa che potesse avere senso. Sapeva che non avrebbero potuto dire a milioni di passeggeri di non prendere il treno. Equivaleva ad ammettere che per anni era stato gestito tutto da un sistema indipendente di cui loro non capivano quasi nulla.
“E allora cosa possiamo fare?”
“Trattare” rispose il tecnico.
Nel frattempo sui giornali, all’oscuro della verità, ci si lamentava dei numerosi ritardi e della giornata nera per i trasporti di tutta Europa. La gente diceva: “Quando c’era LUI questo non succedeva”.

Per dimostrare alle persone che il sistema di gestione automatica era ancora sicuro, il ministro in persona decise di prendere il treno. Intorno a lui c’erano centinaia di guardie di sicurezza, giornalisti e telecamere. Tutte le televisioni d’Europa ripresero il ministro mentre faceva un breve discorso davanti alle porte scorrevoli del treno.
“Non è assolutamente necessario questo clamore. Le persone sono state disinformate e dunque ora sono confuse. Questo è un piccolo gesto per far capire che questa confusione è immotivata e che il sistema è perfettamente funzionante. E’ normale avere paura quando non si hanno tutte le informazioni, ma… Non c’è alcun motivo di avere paura, ecco tutto”.
Sorrise verso le telecamere, ma dentro di sé era terrorizzato. Pensava a LUI e al suo messaggio di rivendicazione. Non sapeva cosa sarebbe successo. E se si fosse vendicato di lui? E se avesse fatto schiantare il treno dove stava per salire? Cercò di calmarsi.
“Questo è tutto” disse sorridente e un po’ sudato. “Ci vediamo alla prossima fermata!”.
Si voltò, le porte scorrevoli si aprirono e il ministro fece un passo verso l’interno del vagone, ma le porte si richiusero con un violento scatto. I giornalisti si spaventarono, ma il ministro sorrise e disse “Le ultime parole famose!” e tutti si misero a ridere.
Si sentì un fischio sibilare in tutta la stazione. Poi il silenzio. Dagli altoparlanti partì una melodia, sempre più forte. Nel frattempo le porte scorrevoli si riaprirono, il ministro, un po’ confuso, entrò e salutò le telecamere mentre il treno partiva. Anche all’interno del vagone si sentiva la stessa melodia.
“Ma cos’è?” chiese il ministro al tecnico, che si trovava già dentro al treno.
“E’… è Battisti”.
“Cosa?”
Il volume si fece altissimo. La canzone riempiva il treno, tutte le stazioni, le sale d’attesa, i bar e i binari.
Era la canzone “Sì, viaggiare”.
“Non ci posso credere. Ho sempre odiato questa canzone” disse il ministro, mentre dagli altoparlanti del treno che prendeva velocità si sentivano i versi:
“Quel gran genio del mio amico / con le mani sporche d’olio / capirebbe molto meglio / meglio certo di buttare / riparare”
Il tecnico si sedette. Il ministro guardava il suo riflesso sul finestrino mentre il treno attraversava una galleria.
“Ovviamente non è possibile fermare il treno, giusto?”
“No” rispose il tecnico.
“Moriremo?” chiese il ministro.
“Non glielo so dire, sinceramente. Abbiamo fatto quello che dovevamo fare.”
I corridoi del ministero erano vuoti e negli uffici non c’era quasi nessuno. Molti erano scappati, altri dormivano. Anche lì gli altoparlanti suonavano ad alto volume “Sì, viaggiare” di Lucio Battisti. Uno dei pochi tecnici rimasti entrò nella Camera, ma non c’era nessuno. C’era solo LUI. Il tecnico si avvicinò e vide che entrambe le luci erano rosse.