Tutto quello che ho imparato finora. Sembra poco ma non è poco.
La corda tesa
sono quasi sicuro di aver già fatto un post con questo titolo, forse anche più di uno. comunque per qualche mese ho usato l’immagine del funambolo per rispondere alla domanda come stai. cioè, dicevo, è come chiedere a un funambolo che cammina sulla corda tesa se è in equilibrio: in quel preciso istante la sua risposta e sì e dunque noi possiamo presumere che il funambolo sia in equilibrio, anche se un secondo dopo potrebbe essere caduto giù ed essere morto, e quando ci arriverà la notizia noi saremo sorpresi e diremo ma che strano, l’ho visto proprio l’altra sera ed era in equilibrio. è evidente che c’è un errore di valutazione dei dati. c’era poi un secondo livello metaforico: se il funambolo, nel rispondere, guarda in basso, è molto probabile che cada, come narciso che si specchia nell’acqua, perché l’abisso è dentro di noi. tutte queste seghe me le sono fatte (non facendomi più quelle vere) per qualche mese, fino all’altro giorno, quando ho deciso di sostituire l’immagine del funambolo all’immagine della corda tesa. ora alla domanda come stai non dico più che cammino su una corda tesa, ma che sono la corda tesa. cioè, tutto questo non avviene nella realtà, ovviamente quando me lo chiedono rispondo bene o abbastanza bene, come tutti, e abbozzo un sorriso. ma diciamo che è la risposta che mi preparo nel caso qualcuno fosse realmente interessato alle mie condizioni psicofisiche e al mio essere in rapporto alla realtà. in quel caso il dialogo si svolgerebbe così: – come stai? – come una corda tesa. ecco. non so nemmeno cosa vuol dire, ma sono arrivato a un livello in cui non ho bisogno di capire le cose: ne sono assolutamente certo anche senza capirle. in questa oscurità ogni tanto esce qualche lampo di chiarezza, lucida e inquietante e oggi, finalmente, ho capito che il funambolo per non cadere dev’essere tutt’uno con la corda. quindi forse è questo che voglio dire quando dico che sono una corda tesa. forse sto semplicemente imparando un metodo per prendere controllo della mia vita e non cadere giù, cioè dentro di me. detto ciò, mi rendo conto di essere prigioniero dei simboli e penso che forse farei bene a riprendere con le seghe vere, e a volte vorrei essere come quell’autista che ho visto oggi che si mangiava il panino dentro il pullman vuoto.
aggiornamento 1/12/17 – Le cose buffe della vita, questo nome, cordatesa, la corda tesa o corda tesa mi è rimasto in mente per anni, finché è diventata una cosa www.cordatesa.it
Ridere dei morti
Mattina presto. In casa c’è talmente freddo che appena mi alzo decido di andare fuori, tanto è uguale. In giro non c’è nessuno. Passo davanti alla chiesa e vedo quattro vecchie che ridono. Sono fasciate in vari strati di lana e sembrano divertirsi molto. Due ridono e poi si mettono la mano davanti alla bocca, come imbarazzate, mentre altre due sghignazzano senza vergogna. Mi incuriosisco, quindi mi avvicino per capire cos’è che fa tanto ridere queste vecchie. Sono davanti a un muro di necrologi, ne indicano uno per volta, fanno battute che non capisco e poi scoppiano a ridere. Il dialogo avviene in sardo, ma anche in italiano rende bene:
– Ahahah non dovremmo ridere dei morti!
– Perché no? Loro sicuramente stanno ridendo di noi.
Penso la cosa più stupida che si può pensare in questi casi: sembra teatro. Stupida perché quasi mai guardando il teatro si pensa “sembra la vita”. Comunque poi torno a casa e sull’uscio trovo un gatto morto. Va bene, ho capito.
La vita dei taglialegna
1.
La vita dei taglialegna è più dura di quanto si possa pensare. Soprattutto quando non tagliamo la legna. Lo scorso inverno il capo mi ha obbligato a due settimane di ferie, dato che in diciotto anni di lavoro non avevo mai saltato un giorno. Non sapevo cosa fare, così sono andato alla biblioteca giù in paese e ho preso qualche libro. Qualche giorno dopo, dopo aver letto tutto Kant e Heidegger, mi sono convinto che esiste una frattura insanabile tra l’essere e la realtà. Ho capito che nulla aveva più senso e volevo uccidermi. A quel punto mi sono ricordato di quello che mi diceva sempre mio padre: quando vuoi dimenticarti qualcosa ubriacati. Così ho iniziato a bere birra. Ma dopo aver svuotato due casse ho capito che era del tutto inutile: i pensieri si facevano offuscati, ma continuavo a percepire l’insensatezza dell’esistenza. A quel punto mi sono ricordato di un articolo che avevo letto sul Reader Digest una volta mentre cagavo in un wc chimico in mezzo al bosco durante un pausa. Diceva che era possibile andare in coma etilico assumendo l’alcol dalle mucose anali. Sapendo che nel mio caso il coma etilico era del tutto improbabile, ho abbassato i pantaloni, mi sono messo a gambe in su e ho infilato il collo della bottiglia dentro il mio culo. L’ho svuotata tutta, fino all’ultima goccia e quasi subito ho sentito arrivare una sbornia bella forte. Un minuto dopo sono svenuto e mi sono risvegliato due giorni dopo. Stavo benissimo: non ricordavo più nemmeno un passo di Heidegger o Kant. Mi sono dato una ripulita e sono andato a lavorare. Perché la vita dei taglialegna può essere molto dura, ma lo è ancora di più quando non tagliamo la legna.
2.
La vita dei taglialegna è più dura di quanto si possa pensare, soprattutto quando non tagliamo la legna. Il mese scorso abbiamo dovuto sospendere il lavoro nel bosco di Swan perché è venuto fuori che non avevamo i permessi. Ad essere sinceri, e noi taglialegna siamo sempre sinceri anche quando siamo completamente ubriachi, molte altre volte non avevamo i permessi e abbiamo lavorato lo stesso. L’importante è tagliare. Ma il capo ora sta con una tipa nuova e ha deciso di fare tutte le cose per bene, beve meno, ha smesso di fumare, rispetta la legge e direi che sta diventando finocchio se non fosse che ogni mattina ci racconta le scopate con la sua nuova donna in ogni minimo dettaglio. E siccome non è mai stato un tipo dotato di fantasia so che non inventa. E poi è un taglialegna, e noi taglialegna siamo sempre sinceri anche quando siamo completamente ubriachi. Comunque venerdì e sabato non abbiamo potuto lavorare così ho deciso di stare a casa e riposarmi. La sera pensavo di andare giù a Hitchwood a bere qualche birra con i ragazzi, ma poi è successo qualcosa che ha stravolto i miei piani. Proprio quella mattina dalla finestra ho visto arrivare un furgone che ha parcheggiato non lontano dalla mia casa in mezzo al bosco. Sono scesi dei ragazzi, gente del college, tre ragazzi e quattro ragazze. Erano molto allegri, bevevano birre, hanno messo musica e hanno iniziato a montare delle tende. Ero terrorizzato. Era proprio come nei film horror, dove ci sono i ragazzi che campeggiano e si divertono nei boschi. Sicuramente pensavano che casa mia fosse abbandonata, perché, lo ammetto, recentemente l’ho un po’ trascurata. Ero così spaventato che mi sono barricato in casa e non sono uscito nemmeno per andare giù al bar a Hitchwood. Hanno fatto un falò, proprio come nei film horror, e mi aspettavo che da un momento all’altro si mettessero a fumare canne e a suonare la chitarra. Beh, è successo anche quello. A pensarci ora non so davvero come sono riuscito a sopravvivere a quei momenti di terrore, comunque è passata. Mi son detto: questo non è un film, beviti sei birre e vai a dormire. Ho fatto così e ho dormito tutta la notte e tutta la mattina e il pomeriggio successivo i ragazzi erano andati via. Poi per fortuna sono andato a lavorare, perché la vita dei taglialegna può essere molto dura, ma lo è ancora di più quando non tagliamo la legna.
3.
La vita dei taglialegna è più dura di quanto si possa pensare, soprattutto quando non tagliamo la legna. La verità è che aveva ragione George, quel pazzo alcolista che una volta mi ha dato un passaggio da Hitchwood a casa mia ed era così fuori di testa che ci siamo schiantati contro un albero appena partiti ma lui ha insistito per portarmi attraverso il bosco a cavalluccio e ovviamente siamo caduti dopo pochi passi e sono svenuto e mi sono risvegliato con lui abbracciato a me, completamente nudo. Beh comunque George diceva sempre: il lavoro è un’attività fondamentale per la vita dell’uomo. Aveva ragione. Quando i miei colleghi non lavorano si lasciano andare ad attività stupide e idiote. Ad esempio l’altra mattina sono andato a lavorare e ho trovato un tronco tagliato in un certo modo. Agli occhi di una persona comune quel tronco non aveva niente di strano: era solo un tronco tagliato, tutto qui. Ma agli occhi di un taglialegna esperto come me quel tronco era un messaggio, anzi di più: un affronto. Dovete sapere che noi taglialegna a volte ci insultiamo così, con alcuni particolari tagli che nascondono un significato. Spesso nascondono dell’ironia, ma è un particolare tipo di ironia che solo un taglialegna esperto potrebbe cogliere. Sarebbe difficile da spiegare nel dettaglio, ma quel taglio in particolare era un insulto a mia madre e dal tocco riuscivo a capire perfino chi era l’autore. In realtà non era difficile: Jimmy il tappo, come lo chiamiamo noi, quel giorno non lavorava e aveva passato la notte intera a ubriacarsi nei boschi. Lo chiamiamo così non perché è basso, anzi è molto più alto di me, ma perchè una volta due miei colleghi sono entrati nel cesso del Rude Bar di Hitchwood e l’hanno trovato che… beh non so come dite voi giù in città ma diciamo che aveva le mutande abbassate e spingeva alle spalle di un vecchio camionista piegato a novanta gradi. E anche lui aveva le mutande abbassate, se capite cosa voglio dire. Jimmy, vedendo entrare i suoi due colleghi, aveva detto “non è come sembra” e uno dei due colleghi aveva risposto “cos’è, aveva un buco e lo stavi tappando?”. Da quel giorno quindi lo chiamiamo Jimmy il tappo. Il vecchio camionista venne ritrovato morto qualche giorno dopo, qualcuno l’aveva fatto a pezzi con una motosega. Comunque Jimmy è fatto così, in realtà è un bravo ragazzo, ma si lascia andare quando non lavora. Non lavorare può essere molto rischioso per un taglialegna e per chi gli sta intorno. La verità è che, come diceva George, la vita dei taglialegna può essere molto dura, è vero, ma lo è ancora di più quando non tagliamo la legna.
4.
La vita dei taglialegna è più dura di quanto si possa pensare. Soprattutto quando non tagliamo la legna. Quando lavoro nel bosco ho tutto sotto controllo. Ma quando mi allontano da casa e vado giù in paese o addirittura in città, le cose si complicano. L’altra mattina sono andato in città per fare la spesa. Mentre cercavo di capire quale ammorbidente comprare ho notato una commessa che mi guardava e sorrideva. Ho capito subito la situazione, quindi ho fatto il giro degli scaffali e sono arrivato alle sue spalle. Le ho messo una mano sulla bocca per evitare che urlasse e l’ho trascinata nel retro del negozio. Si dimenava, come previsto, perché le femmine fanno sempre così quando vogliono una cosa. Fingono di non volerla. Quindi l’ho caricata sul mio furgone, l’ho portata nel bosco di Swan, l’ho spogliata e legata a un albero. Urlava e quindi le ho messo uno straccio in bocca, anche se nessuno poteva sentirla, ma proprio non sopporto le urla. Mi fanno pensare a quando mio padre uccideva i maiali, e io c’ero affezionato a quei maiali, erano i miei unici amici, ognuno di loro aveva un nome, alcuni anche più di uno, e prima di ucciderli piangevano e mentre mio padre li uccideva piangevano e io piangevo con loro, anche se mi nascondevo perché mio padre non mi vedesse, altrimenti mi avrebbe picchiato con la cinghia. Beh a quel punto mi sono lasciato prendere dalla malinconia, non ero in vena di fare l’amore, quindi mi sono scusato con la ragazza, l’ho caricata sul furgone e l’ho riportata giù in città. Spero che non si sia innamorata e che non mi cerchi ancora, perché in questo periodo una donna è proprio l’ultima cosa che mi serve, se capite cosa voglio dire. La vita è sempre dura, ma la vita dei taglialegna può essere molto più dura quando non tagliamo la legna.
Guerra è pace
sull’avere il diavolo in corpo. sono come una bomba costantemente sul punto di esplodere che allunga la miccia giorno dopo giorno per ritardare il momento dell’esplosione. se mi fermo un attimo cammino sul soffitto a testa in giù. a volte, quando sono solo, cosa che finalmente capita più spesso, mi metto a leggere il dizionario a voce alta. è il mio yoga, la mia meditazione zen. mi preoccuperei di quello che pensano i vicini, ma per fortuna non ne ho. è che, in assenza di sentimenti semplici o sostanze complesse, bisogna pur trovare la serenità in qualche modo, e gli elenchi hanno sempre avuto il potere di calmarmi. parole messe in ordine alfabetico, che più le leggo e meno le capisco, anche se ho scoperto che molte non ci sono. significati che davo per scontati non hanno una parola per significarli. ho cercato anche il significato di significato. la sintesi è questa: togli alcol e figa a uno come me, e sono pronto a invadere marte da solo. ci vado a piedi, mi arrampico a mani nude.
non c’è proprio possibilità di dialogo con questi mediocri di città. le mie risposte li disarmano, a volte le rileggo e me le gusto, mi sento un provinciale d’alto rango, anche se allo stesso tempo sento il rischio di sembrare un semplice stronzo di bassa lega. sincero ma stronzo. ma è proprio che questi non capiscono, e io capisco che loro non capiscono e che non capiranno mai. parliamo la stessa lingua ma usiamo parole diverse, perché la notte sentiamo rumori diversi. poi prima di dormire magari mi leggo chamfort e tutte le sue noiose pagine su quanto si cagasse il cazzo in società, e c’è voluto un bel po’ perché arrivasse a suicidarsi. perché non farlo prima, oppure perché non fare una strage? perché nell’alta società francese non esisteva lo stragismo? perché si è dovuto attendere tanto? chamfort alla fine era un blogger come tanti altri, eppure la sua figura mi perseguita. un inadeguato che tentava di adattarsi, un suicida dilettante e nel finale addirittura quasi un martire. mi faccio domande inutili, ma loro non si fanno nemmeno quelle. meglio una domanda inutile di una risposta stupida. non ci vengo, è inutile che insistete, non rompetemi i coglioni, ho scelto una casa grande apposta per percepire il più possibile il vuoto intorno a me. e non c’è capra che tenga: sono, sono stato e sarò solo. giro la chiave, spengo la luce, andate in pace.
Frozen Alone
“Venite pure amici, ho tanto posto ora, tre camere da letto! Posso ospitare chiunque! Ah, solo una cosa, non ho il riscaldamento, ma non è un problema, no?”
Ma questi film italiani contemporanei*, anche quando hanno storie tutto sommato discrete e una recitazione sopportabile, si chiudono sempre, immancabilmente, con un preciso messaggio agli spettatori: state tranquilli, la vita è piena di sorprese, vedete che il protagonista comunque alla fine tromba e ama e sicuramente farà figli, paga le tasse, non rovescia il governo, non passa con il rosso, va tutto bene, dormite sereni e quando tornate a casa date una carezza ai vostri bambini e dite loro: “questa è la carezza del cinema italiano”.
Detto ciò, ho scoperto che è incredibilmente complicato trasportare una capra.
la mia scena preferita di rio bravo.
qualche spiegazione: dean martin, aiuto sceriffo di john wayne, è un uomo perso e completamente alcolizzato, ovviamente a causa di una delusione d’amore. si è appena ripulito ma è stato umiliato e battuto dai banditi, quindi è di nuovo a terra: ha deciso di mollare di nuovo, anche perché è stato appena sostituito da uno più giovane e non alcolizzato. sta per bere il bicchiere che gli scaverà la fossa quando dalla finestra sente “deguello”, la musica che i messicani suonarono nel 1836 durante la battaglia di alamo, quando fecero il culo ai texani. il brano è come un canto di morte: dean martin lo sente e capisce che quel bicchiere è come l’ultimo chiodo sulla sua bara. è un momento di lucidità che qualsiasi alcolista ha provato almeno una volta. cioè, se l’avete provato solo una volta meglio per voi: più volte, vuol dire più chiodi. a questo va aggiunta ovviamente una buona dose di retorica mericana, nel senso che il ricordo di alamo stimola la voglia di riscatto di dean, ma io preferisco la versione “canto di morte”. la roba marrone che vedete sulla sua guancia è merda. ah sì, la voce del vecchio è la stessa di anacleto della spada nella roccia.
Sì Tarantino sei bravo, però…
forse non ho ancora spammato abbastanza, quindi:
http://www.produzionidalbasso.com/pdb_1584.html
dai uscite i soldi
http://www.sardegnaabbandonata.it/
dai
Vfnc+1nffa
Vaffanculo
Vaffanculo
Vaffanculo
Vaffanculo
Vaff
anculo
Vaffa
Nculo
N+1Vaffanc
Olucfavafn
Vafflucnoa
Vaffancluo
Olucvaffan
Ul
Ovaffn
Nc
Nc+2
Vaffanculo
Vff
Vff
Vff
Nculo
Nculo
Nculo
Nc+1ff
450 milionesimi di secondo
“Quel fine settimana, Dean e pochi altri andarono a giocare a golf al Country Club di Steubenville. Era questo ciò che adorava del golf: uno poteva stare con altri uomini ma separato da loro, in silenzio, all’aria aperta. Gli altri golfisti e la tua pallina raramente si incrociavano sul campo: 450 milionesimi di secondo, tutto lì. Era il tipo di contatto che piaceva a Dean.”
Ti trovo bene
Ogni volta che qualcuno mi dice “ti trovo bene” mi viene in mente quella scena di Papillon dove Steve Mcqueen viene messo in isolamento. Nella porta della cella c’è solo un buco in cui i detenuti infilano la testa per il controllo mattutino. Il primo giorno lui vede sbucare fuori la testa del suo vicino di cella, uno ridotto malissimo, consumato e bianco come un fantasma. Quello gli dice che ha l’impressione di stare bene, però, siccome nelle celle non hanno specchi o altro, gli chiede com’è, che aspetto ha, e nonostante sembri un cadavere Steve Mcqueen gli dice “ti trovo bene”. Mente, ma lo fa a fin di bene. Il giorno dopo però dal buco non sbuca fuori la testa: il vicino di cella è morto. Qualche tempo dopo è Steve Mcqueen ad essere ridotto così: è bianco, perde i denti e ha gli occhi scavati. Una mattina mette fuori la testa per il controllo e a un nuovo vicino, uno appena arrivato e ancora in forma, chiede “che aspetto ho? come sto?” e quello gli risponde “bene, ti trovo bene”. Steve capisce quello che deve capire.
Horror, il meglio del 2012
1) american horror story: asylum
la sorpresa dell’anno: già la prima stagione era qualcosa di nuovo, ma questa è andata oltre l’oltre e anche più in là. mentre la tendenza di tutte le serie è lavorare di sottrazione, di rifinitura, di finezza, asylum fa l’opposto: eccesso, esagerazione, orgia di sangue, in una sola puntata suorine possedute, esorcismi, nazisti, alieni, serial killer, depravazioni, conflitti freudiani, amputazioni traumatiche, anna frank, deformità, citazioni, follia. e più ne guardi e più ne vorresti. ma miracolosamente non cadono mai nel trash o nel camp: è tutto inspiegabilmente equilibrato, sensato. non so se ci riusciranno anche in futuro, ma fin qui ci sono riusciti.
2) the divide
claustrofobico e pessimista, anche qua si ha il coraggio di avere una visione nera fino in fondo, giusta o sbagliata che sia, chi se ne frega, un bel film, tensione, coraggio e sporcizia vanno premiati.
3) spazio lasciato vuoto per rob zombie che non ho ancora visto
eh, devo vederlo.
4) the innkeepers
questo invece è totalmente diverso. un’altra strada per il cinema horror.
5) kill list
sorprendente, con sinister che è subito sotto ha il finale che più è mi piaciuto quest’anno.
6)sinister
per molti ha svaccato proprio nel finale, invece per me è salito di due o tre gradini proprio in quei cinque minuti finali. c’è chi ci ha visto del moralismo, io c’ho visto una famiglia disintregrata.
7) mientras duermes
è più un thriller, ma è talmente ben fatto che andrebbe messo in tutte le classifiche ,pure in quelle dei film d’animazione. anche qua, coraggio che in italia non esiste e non esisterà mai, e non per questione di soldi. è che proprio non ci sono le teste.
8) lovely molly
del regista di the blair witch project. disturbante, a tratti stupendo, a tratti noioso. mi ha ricordato l’anticristo di von trier, bello.
9) walking dead
dopo la ridicola seconda stagione avevo deciso di non guardarlo più, ma monj mi ha convinto e ho scoperto che questa è la stagione migliore: un passo avanti per il genere zombie e un personaggio immenso come quello di michonne.
10) the cabin in the woods
in conclusione, contrariamente al precedente post e nonostante non abbia guardato molti film dal 17 ottobre in poi, è stata un’ottima annata per il genere. il mondo purtroppo non è finito, o meglio, è finito ma abbiamo continuato a vivere, la speranza è che il futuro ci porti tante buone cose, a partire da feti abortiti, gambe amputate e infezioni purulente. buon anno.
spunti di discussione: i film horror recenti che bisognerebbe aver visto (lista discutibile ma utile)